IL VECCHIO E IL NUOVO TESTO - In attesa che la giustizia amministrativa emetta il suo verdetto che non potrà essere {affiliatetextads 1,,_plugin}diverso da quello già espresso per l’analogo caso del­l’amministrazione provinciale di Taranto, il sindaco ha iniziato l’iter per modificare l’articolo 53 dello statuto interno nella parte in cui stabilisce che gli assessori devono essere nominati «fra i consiglieri e fra i cittadini assicurando condizioni di pari opportunità fra uomini e donne con la presenza di entrambi i sessi». Il nuovo testo già distribuito ai con siglieri che sarà portato per l’approvazione nel prossimo consiglio comunale convocato ad ore, recita così: «Il sindaco nomina gli assessori fra i consiglieri comuna li tenendo conto, per quanto possibile, dei criteri volti ad assicurare condizioni di pari opportunità fra uomini e donne». Non più un obbligo, dunque, ma una discrezionalità a disposizione dei partiti e del sindaco che si avvale della «facoltà (anche questo è ben specificato nella modifica statutaria), della nomina fiduciaria degli as­sessori ».

IN ATTESA DEL TAR - Le donne e tutti i consiglieri di minoranza (sette su quin dici) attendono con ansia le notizie che arriveranno dal tribunale di Lecce e affilano le armi per contrastare in aula la prossima mossa della maggioranza. «Lo statuto che verrà, se verrà, nascerà in violazione di tutte le leggi», dichiara la consigliera di minoranza, Anna Molendini, candidata nel Pdl da cui si è dissociata appena eletta per aderire al nuovo movimento «Indipendenti per la libertà e Maruggio Democratica, Città Futura » . «Le norme - insiste la consiglie ra - non possono essere né violate, né superate dalle modifiche in corso d’opera». Per la promotrice della protesta il rischio è di quelli seri: «Si vogliono cancellare le pari opportunità tra uomini e donne nella vita civile e in politica, contravvenendo al principio sancito anche dalla Costituzione nell’articolo 51». Il sindaco Chimienti più volte sollecitato a sanare l’anomalia, si è già espresso in merito giustifi candosi con l’impossibilità di trovare donne tra gli eletti (le uniche due, tra cui l’indipendente Molendini, hanno rifiutato l’invito) e nel ritenere sbagliato pescare all’esterno «perché in questo modo - sostiene - non si rispetta il volere degli elettori che non li hanno votati». Intanto la questione delle quote rose nel piccolo comune di 5.300 abitanti è passata sull’agenda del parlamentino regionale delle pari opportunità dove le due consigliere che lo dirigono, la presidente Serenella Molendini e la sua vice Teresa Zaccaria, hanno sostenuto il ricorso della Consulta rosa depositato venerdì al Tar di Lecce.