E' bene ricordare che la maggior parte delle influenze appartengono alla grande famiglia dei coronavirus, che solo in Italia ogni anno muoiono almeno 10.000 persone di influenza e circa 10.000 altre persone di polmonite. La polmonite nelle sue varie forme è la prima causa di morte per agente infettivo nel mondo occidentale. Banalizzando, in Italia, solo per Alcool, muoiono circa 40.000 persone. Ma non si sono mai visti live, dirette social e speculazioni politiche senza senso.

Ricordo che all'epoca dell'aviaria dal paesello in cui scrivo furono anche rinvenuti cigni infetti ma nessuno si ammalò e il problema fu contenuto. Quando qualche anno fa c'era l'emergenza Ebola nessun giornale dava in tempo reale titoli e live sui social eppure era una emergenza sanitaria veramente importante, fatale e mortale. O almeno lo era per gli africani. Per noi un po meno perché data la virulenza della malattia l'eventuale contagiato non riusciva ad arrivare in Europa e quindi alla gente non interessava granché. Ma ricordiamo che era evidentemente molto più infettivo tanto che virtualmente basta anche un contatto epidermico per trasmettere la malattia. Ma forse ancora non ci si trovava nella droga dei social e del perché no, del click baiting. Molti giornali di piccola o media elevatura ne traggono giusto vantaggio, lecito per carità. Ma assieme ai grandi giornali trasmettono ansia, paure irrazionali e odio verso gli stranieri, in questo caso i cinesi e ovviamente gli africani perché si sa, l'Africa è piena di cinesi. Per grossa parte del popolino che vive nella tempeste sociale delle notizie sparate a raffica per racimolare click e guadagni online è facile fare il collegamento tra coronavirus - cinesi - africani - tubercolosi - piattole e scabbia. Un minestrone che prende assieme virus, batteri, insetti frullandolo assieme in un minestrone di politica, odio e speculazione.

E' dunque lecito chiedersi: è giusto il modo di fare giornalismo oggigiorno?