Perché il Fisco non vedesse, ma, soprattutto, perché venisse così cancellata ogni traccia di almeno due circostanze: i 200 mila euro in contanti che, poco tempo prima dell'acquisto, aveva consegnato alle venditrici e il suo legame con l'architetto Angelo Zampolini, la "tasca" del costruttore Diego Anemone, il professionista, oggi indagato per riciclaggio, da cui aveva ricevuto quegli 80 assegni.

Veniamo dunque a quel luglio del 2004. Al contenuto delle quattro testimonianze in grado di ricostruire i passaggi chiave di questa vicenda. A quegli 80 assegni e alla loro storia. Scajola è da appena un anno nuovamente ministro. Costretto alle dimissioni dal Viminale nel 2002 per la vicenda Biagi ("un rompicoglioni", lo apostrofa da morto) viene recuperato dopo un breve purgatorio dal Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che lo issa sulla poltrona dell'Attuazione del Programma. L'uomo ha ripreso energia e peso politico. Decide di acquistare una casa a Roma e per questo coinvolge Diego Anemone, il "costruttore" dei Potenti, l'anima di quella "Cricca" che governa i Grandi Appalti. Soprattutto, il costruttore che al Viminale è di casa. Anemone mette a disposizione di Scajola l'architetto Angelo Zampolini, il suo spicciafaccende per questioni delicate e di riguardo. E il professionista si sbatte come può. Trova subito qualcosa di interessante e importante al Gianicolo, il terrazzo di Roma. Ma la soluzione non è gradita al ministro. Quindi si rimette al lavoro. E' fortunato. Le sorelle Barbara e Beatrice Papa vendono infatti in via del Fagutale 2 una magnifica casa di rappresentanza dal cui salone si tocca con la mano il Colosseo. Scajola gradisce. Comincia la trattativa e l'accordo si trova a 1 milione 700 mila euro.

Le due sorelle - come racconteranno candidamente alla Finanza durante una serie di interrogatori sostenuti dalla produzione di documenti che hanno gelosamente custodito - sono lusingate dall'acquirente e non stanno certo a discutere su modi e tempi del pagamento. Ricevono subito 200 mila euro in contanti dalle mani del ministro che - raccontano - dividono equamente a metà. Anche se, a fronte di quel pagamento, non sottoscrivono alcun contratto preliminare. O, se lo fanno, è una scrittura privata che, ad acquisto concluso, viene stracciata. L'architetto Angelo Zampolini è al corrente di quella prima tranche di contanti e, interrogato, sostiene di non essere stato lui a metterli a disposizione. "Ritengo fossero del ministro", dice. E' un fatto che, in vista del rogito, secondo uno schema collaudato, si mette invece in moto per confezionare, per conto di Anemone, lo strumento di pagamento in grado di non lasciare traccia del generoso contributo con cui il costruttore si prepara a rendere Scajola un felice padrone di casa.

Anemone - racconta Zampolini ai pm - gli consegna 900 mila euro in contanti che lui stesso porta all'agenzia 582 della "Deutsche bank" (dove ha un conto) perché vengano cambiati in 80 assegni circolari intestati alle due sorelle Papa. Ottanta, si badi bene. Non uno, non due, non tre. Ma ottanta. C'è una ragione in quella singolare richiesta di cambio. Gli assegni circolari devono avere importi inferiori ai 12 mila e 500 euro, soglia oltre la quale la banca è tenuta a segnalare l'operazione al circuito interbancario e alla Guardia di Finanza. Anemone e Zampolini sono infatti convinti che, in questo modo, nessuno andrà a ficcare mai il naso in quella operazione. Ma sbagliano. Alla "Deutsche", evidentemente, trovano qualche funzionario pignolo che, in quel luglio di sei anni fa, vede in quella curiosa operazione di cambio quella che, tra gli addetti, si chiama "operazione sospetta di frazionamento". E per questo la segnala al circuito interbancario. E' il granello di sabbia che - oggi lo sappiamo - farà saltare più avanti l'intero "sistema Anemone".


{affiliatetextads 1,,_plugin}Zampolini, che ignora quale pasticcio abbia appena combinato, esce dunque dalla "Deutsche" con i 900 mila euro di Anemone trasformati in 80 assegni circolari e, il 6 luglio, quegli assegni sono nelle tasche di Scajola. Su questo punto, infatti, i ricordi delle sorelle Papa sono nitidi. E' un giorno particolare. Si separano dalla casa di famiglia e, per giunta, il rogito si firma nell'ufficio del Ministro. Il notaio Gianluca Napoleone, che redige e convalida la compravendita, dà infatti atto oltre che della sua presenza, del solo Scajola e delle Papa. E' il ministro che consegna gli assegni. "Tutti insieme", ricordano le sorelle. Ottanta assegni della "Deutsche" per un valore di 900 mila euro e alcuni assegni del banca san Paolo Imi per 600 mila euro. Quest'ultimo - 600 mila - è il "prezzo in chiaro" della casa. Quello per cui il ministro ha acceso un regolare mutuo con il san Paolo. Il solo che deve comparire. Interrogato, il notaio Napoleone che, a stare al racconto delle sorelle Papa, sta autenticando una compravendita che non risponde alla realtà, si giustifica spiegando che, almeno alla sua presenza, quei 900 mila euro non vengono scambiati. E comunque che, in quel 2004, la legge non impediva ancora eventuali scritture private tra le parti che integrassero il prezzo dichiarato di vendita.

E' un fatto che la sera del 6 luglio, l'affare è chiuso. Le due sorelle Papa, nei giorni successivi, verseranno sui propri conti bancari quella piccola fortuna in decine di assegni circolari di cui continuano a non comprendere la ragione, ma di cui non hanno azzardato di chiedere spiegazione. E' l'ultima traccia che chiude il cerchio. Di quegli 80 assegni, ormai, è scritta la storia. Da cima, a fondo. Le impronte del ministro non possono essere più cancellate.

fonte: www.repubblica.it - http://www.repubblica.it/politica/2010/04/30/news/carte_scajola-3716561/ - Carlo Bonini