Con un'operazione gemella di quelle Pittorru, Balducci e Scajola (quest'ultima, avvenuta per altro solo ventiquattro ore prima, il 6 luglio del 2004), anche in questo caso, visto il quartiere e i prezzi a metro quadro, siamo di fronte a un affare da stropicciarsi gli occhi. Anche in questo caso il contante è trasformato in assegni nella filiale "Deutsche Bank" di Largo Argentina e a firmare il rogito è il notaio Gianluca Napoleone. Anche in questo caso - come hanno raccontato alla Guardia di Finanza i venditori dell'appartamento di via Gianturco, Maurizio De Carolis e Daniela Alberti, "di professione giardinieri" - il prezzo reale di vendita, che è di 900 mila euro, non ha nulla a che vedere con quello dichiarato: 390 mila euro. Il "nero", come per Scajola, è "coperto" da Anemone. Il "chiaro" (saldato in due tranche da 150 e 240 mila euro) da chi risulta dal rogito l'acquirente: Alberto Donati, 52 anni, "dirigente", originario di Montevarchi, residente a Spoleto, ma, soprattutto, marito della figlia di Ercole Incalza. Ed è lui, ascoltato dalla Finanza, ad offrire la chiave di quanto è accaduto: "Cercavamo casa - dice - e mio suocero mi disse di rivolgermi all'architetto Zampolini, che avrebbe provveduto".

{affiliatetextads 1,,_plugin}Zampolini, appunto, provvede come sa. Ma non è difficile prevedere che, quando tornerà ad essere sentito dai pm di Perugia su questa nuova compravendita, come per Scajola, Pittorru e Balducci, l'architetto non sarà in grado di spiegare perché Anemone lo incaricò di fare felice Ercole Incalza. Diciamo allora che almeno un paio di circostanze possono suggerire delle risposte. Nel luglio del 2004, quando Anemone acquista via Gianturco, Ercole Incalza non è più il manager socialista naufrago della Tangentopoli che, tra il '96 e il '98, ha travolto il sistema "Necci-Pacini Battaglia" (Incalza, già presidente della Tav e direttore generale del ministero dei Trasporti viene arrestato proprio dai pm di Perugia il 7 febbraio del '98, accusato di far parte di una "struttura bene organizzata composta da manager pubblici e privati che manipolava gli appalti Tav per creare fondi extra contabili per erogare tangenti"). Nel luglio 2004, Incalza è di nuovo a galla. È stato prima membro del gruppo italo-francese che lavora alla linea ad alta velocità Torino-Lione e si è quindi messo all'ombra del centro-destra, tanto che Pietro Lunardi, allora ministro delle Infrastrutture, lo vuole come suo consigliere. Incalza entra ed esce dall'ufficio di Gabinetto del ministero. È una protesi di Lunardi. L'uomo per le pratiche delicate (per dirne una, la metropolitana di Parma, nel cui cda Incalza viene spedito di gran carriera prima che il Cipe sblocchi un appalto da 172 milioni di euro). Conosciamo oggi il tipo di rapporto tra Diego Anemone e Lunardi. E dunque la sua apparizione nel giro delle case a prezzi agevolati non appare esattamente un fulmine a ciel sereno. Né, d'altronde, la scommessa di allora fatta da Diego Anemone può dirsi errata, dal momento che nel 2008, anche Matteoli vorrà con sé Incalza alle Infrastrutture. E questa volta in un ruolo tecnico e apicale, incardinato nel ministero.

Ma il luglio del 2004 è anche - conviene ricordarlo - il mese della firma dell'appalto da 8 milioni di euro (diventeranno 11) per la realizzazione dei nuovi uffici del Sisde nella ex caserma dell'esercito "Zignani" di piazza Zama, a Roma. Mario Mori, all'epoca direttore del Servizio, oggi di quell'appalto ha un ricordo nitido. "Inizialmente - dice - avevamo individuato una possibile sede nella zona di Tor Bella Monaca, in via Buglione. Ma non se ne fece nulla perché la struttura rientrava tra quelle del demanio in vendita. Allora, scelsi io una porzione della "Zignani". Una struttura magnifica, in dismissione, che avevo visitato la prima volta da ufficiale dei carabinieri dopo un assalto delle Br. La trattativa con lo Stato maggiore fu lunga e complessa. Quando si chiuse, parlammo con Balducci e fu lui a pensare a tutto. Dalla gara, ai progetti, alle imprese. Conobbi Anemone in quell'occasione". Lo conobbe anche il generale Francesco Pittorru, allora appena arrivato al Sisde su segnalazione del Comando Generale della Guardia di Finanza come responsabile della divisione tecnico-logistica (competente per gli immobili e le dotazioni del Servizio). Anemone gli regala due case. E lui, il generale, dopo aver mentito in un'inchiesta interna dell'Aisi, decide di sfidare il ridicolo anche con i pm. Interrogato, spiega che i soldi di Anemone per la sua abitazione e quella della figlia Claudia, furono in realtà "un prestito regolarmente onorato".


La prova - aggiunge - è in alcune ricevute firmate dal costruttore al momento della restituzione. "Le custodivo nella mia casa in Sardegna - conclude - Ma purtroppo sono arrivati i ladri e mi sono state rubate". Insomma, quando si dice un uomo sfortunato. E in attesa. Come il commercialista Stefano Gazzani e l'ex capo della struttura di missione per il G8 della Maddalena Claudio Rinaldi. Ieri, il tribunale del Riesame si è infatti riservata la decisione che stabilirà, di qui a qualche giorno, non solo se Gazzani e Rinaldi debbano o meno rimanere liberi, ma se l'inchiesta sui Grandi Appalti e il "sistema Anemone" resterà a Perugia.

Fonte: www.repubblica.it - http://www.repubblica.it/politica/2010/05/12/news/anemone_assegno_di_520mila_euro_per_il_braccio_destro_di_matteoli-3999942/