Era un sistema collaudato, quello messo in piedi dalla cricca Carlon, che prevedeva bustarelle intascate per i lavori svolti, con il denaro spartito senza nemmeno appaltare i cantieri. Il tutto con i soldi delle casse della Provincia, depredate negli ultimi dieci anni, come evidenziato dall’inchiesta sull’irregolare aggiudicazione e gestione dei lavori pubblici assegnati all’ente.

Così hanno sistemato le proprie abitazioni, hanno giocato al casinò, si sono divertiti nei fine settimana con le escort. Da ieri, per i sette arrestati, tutto è cambiato: Claudio Carlon, 58 anni, dirigente del settore edilizia della Provincia e il suo vice Domenico Ragno, 56, sono finiti in manette con l’accusa di peculato, corruzione e atti contrari ai doveri d’ufficio e falso ideologico. Nei guai anche cinque imprenditori: Giuseppe Barison (è anche capogruppo della Lega in consiglio comunale, già espulso dal partito), Silvano Benetazzo, Dario Guerrieri, Remo Pavan e Rino Spolador.

{affiliatetextads 1,,_plugin}Operano nei settori elettrico ed idraulico, dell’edilizia, dell’impiantistica e dell’arredamento. Negli affari della cricca sono coinvolte 32 persone tra le quali altri due dipendenti della Provincia ancora in servizio, oltre ai rappresentanti delle aziende che, secondo la procura, partecipavano all’affare. Le indagini hanno evidenziato un sistema ormai automatico, che consentiva di pilotare alcuni appalti per lavori pubblici agli imprenditori che pagavano mazzette o ricambiavano con lavori di edilizia ed idraulica nelle abitazioni dei funzionari arrestati.

I lavori venivano eseguiti due volte: la prima per finta, per intascare le mazzette. Opere relative a scuole, caserme dei carabinieri, della polizia e dei vigili del fuoco. In un caso sarebbero stati fatturati 100 mila euro per acquistare ed installare due canestri da basket in una scuola, in realtà già usati e montati dagli stessi insegnanti. A Carlon e Ragno sono stati sequestrati immobili per un valore di un milione e mezzo di euro.

«È la prima volta dai tempi di Tangentopoli che si torna a colpire un sistema radicato, perdurante e organizzato», ha sostenuto il procuratore aggiunto di Venezia, Carlo Mastelloni. In più, rispetto all’inchiesta di 20 anni fa, spuntano le escort. Pare che alle cene dove si decidevano gli appalti ci fosse anche una rumena, assunta fittiziamente da un’impresa della cricca per compiacere i funzionari. Quando hanno sentito il fiato sul collo hanno cercato di distruggere i documenti. Ma dal maceratore è emersa la nuova tangentopoli veneta.

Massimo Guerretta pera La Stampa