Il caso esaminato dalla Corte (sentenza n. 20750/2010) riguarda un 58enne fiorentino che aveva detto alla sua vicina di "farla finita" con le sue canzoni. Di tutta risposta lei aveva risposto in modo offensivo dicendogli in sostanza di farsi gli affari suoi. La Corte nella sentenza annota che non e' dato sapere quali fossero i gorgheggi nè quali fossero le canzoni intonate dalla giovane donna che per abitudine si affacciava alla finestra per intonare canti. Nel giorno della lite il vicino, stufo di sentirla cantare le aveva detto di farla finita. La reazione di lei era stata immediata e d offensiva e così il caso finiva davanti al giudice di pace con una denuncia per ingiuria.

{affiliatetextads 1,,_plugin} La donna veniva assolta in primo e secondo grado perchè si è ritenuto che avesse reagito di fronte a un fatto ingiusto. Inutile il tentativo del 58enne di sostenere che nella specie non poteva configurarsi la "causa di non punibilita' della provocazione" dato che lui aveva solo chiesto alla vicina di non disturbare con il proprio canto. La suprema corte dando ragione alla donna ha evidenziato che "il principio e' stato applicato in modo corretto dal giudice del merito" ed osserva che le parole usate dal vicino per tacitare il canto della donna ("falla finita") hanno un "carattere ultimativo e non urbano" di formulare la richiesta.

Secondo il componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del consumatore” di Italia dei Valori Giovanni D’AGATA la sentenza ha chiarito, innanzitutto, un diritto inviolabile per ogni cittadino italiano: cantare è un diritto di espressione della persona