Si tratta, dunque, di un allarme ingiustificato che, io credo, riviene pure dalla evidente discrasia esistente tra le direttive comunitarie e la legge nazionale (157/92) e che ha provocato più di qualche dubbio interpretativo. Dubbi per i quali le Regioni hanno chiesto per tempo al Mipaaf (con lettera della Commissione Politiche agricole risalente a giugno scorso) chiarimenti ed indicazioni per una più omogenea interpretazione. Chiarimenti ad oggi, spiace evidenziarlo, non ancora pervenuti.

{affiliatetextads 1,,_plugin}Nessuno abuso, quindi, e men che meno nessuna manipolazione del procedimento, atteso che il parere ISPRA al calendario pugliese, peraltro consultivo e non vincolante, è stato chiesto in avvio di procedimento, prospettando, sin da allora, una impostazione di calendario del tutto sovrapponibile a quella della precedente stagione, che prevedeva come termine di chiusura proprio fine gennaio, in coerenza a quanto previsto dall'attuale normativa nazionale, scritta in modo condiviso da associazioni venatorie, ambientaliste e degli agricoltori.

Ecco perché, allora, ritengo che sarebbe molto più utile che i nostri parlamentari, soprattutto quelli che oggi protestano, facessero quadrato affinché si giunga a risolvere la richiamata discrepanza tra norme comunitarie e nazionali che pone in così seria difficoltà tutte le Regioni, deputate alla stesura dei calendari annuali.

Difficoltà rispetto alle quali il sistema delle Regioni si è già fatto parte diligente insediando a novembre scorso un tavolo nazionale, coordinato proprio dalla Puglia, con l'obiettivo di individuare trama e regole condivise da consegnare alla operatività delle singole strutture regionali.

Mi chiedo, però, come mai questa vibrata protesta sia stata indirizzata solo alla Puglia, quando anche tante altre Regioni - Molise, Campania, Basilicata, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Marche, ecc. – hanno individuato, sin dall'inizio, nella stessa fine di gennaio il termine dei rispettivi calendari venatori".