{affiliatetextads 2,,_plugin}La colmata esterna si trova proprio in questa situazione, come conferma il commissario dell’Autorità, Francesco Mariani: «Si tratta - spiega - di un intervento non strategico, anche perché il progetto “alti fondali” richiederebbe prima altri interventi che non sono stati realizzati. Pensavamo di ridistribuire quei 50 milioni su ulteriori progetti, tra cui il principale è il prolungamento del molo di ingresso al porto di Barletta».

Ma i soldi, a quanto pare, sono definitivamente persi. E potrebbero finire a qualche Autorità portuale del Nord: dopo la prima versione del Milleproroghe, infatti, gli scali liguri hanno messo in atto una battaglia (vincente) per essere esclusi dal definanziamento. Non solo: questo «recupero» di fondi serve a mettere insieme 250 milioni di euro che saranno destinati per la gran parte (150 milioni) ai porti «che hanno attivato investimenti con contratti già sottoscritti o con bandi di gara pubblicati alla data del 30 settembre 2010». 
Ovvero quasi solo i porti liguri, toscani e veneti.

A ulteriore beffa, è stato stabilito che il definanziamento non si applica negli scali che ricadono nei piani nazionali di bonifica: dunque Brindisi e Taranto sono stati salvati, Bari no. Nel frattempo, come detto, è slittata di almeno altri due mesi la firma del contratto per il raddoppio di Marisabella. A inizio febbraio il Tar del Lazio aveva respinto il ricorso delle imprese Vittadello e Matarrese contro l’esclusione dall’appalto, che vale 58,3 milioni di euro ed è bloccato dal 2008.

La decisione si basava su una consulenza tecnica che ha definito «irrealizzabile » il progetto delle due imprese. Si pensava che fosse finita, invece lunedì la Vittadello (come capofila della Ati) ha depositato appello al Consiglio di Stato. E dunque, fino a quando Palazzo Spada non deciderà almeno sulla richiesta di sospensiva, la stazione appaltante (il Provveditorato alle opere pubbliche) non potrà dare seguito alla firma del contratto con la seconda classificata Fincosit.

{affiliatetextads 1,,_plugin}La gara d’appalto è partita a settembre del 2008, ed a febbraio 2009 è stata aggiudicata all’Ati tra Vittadello e Matarrese per 39,7 milioni. Il maxiribasso ha superato la verifica di anomalia, ma Fincosit si è rivolta prima al Tar del Lazio e poi al Consiglio di Stato che a metà 2009 ha accolto il ricorso. Ha ordinato alla stazione appaltante di ripetere la verifica «con specifico riferimento alla soluzione tecnica proposta» dai vincitori, ovvero una particolare struttura in ferro per il varo dei cassoni. Proprio in seguito a questa nuova valutazione, a gennaio del 2010 il Provveditorato ha dichiarato anomala l’offerta di Vitadello e Matarrese, che si sono così nuovamente rivolte al giudice amministrativo.

A inizio febbraio il Tar del Lazio, a seguito della ctu affidata ad un professore di ingegneria della Sapienza, ha confermato che la procedura era corretta: «Le conclusioni del consulente, anche se contestate dal raggruppamento ricorrente - è infatti scritto in sentenza -, sono sufficienti a confermare la logicità e ragionevolezza della valutazione di anomalia operata dalla commissione».

In altre parole, secondo la valutazione tecnica Vittadello e Matarrese avrebbero offerto un prezzo troppo basso rispetto alla complessità della soluzione progettuale proposta. Una valutazione dirimente, secondo l’Autorità del Levante che aveva infatti chiesto al ministero delle Infrastrutture di procedere all’aggiudicazione. Ma nei giorni scorsi è arrivata la doccia fredda del nuovo ricorso: la discussione della richiesta di sospensiva non è ancora stata fissata, per cui - ben che vada - per arrivare al contratto serviranno almeno altri due mesi, e per la conclusione bisognerà aspettare il 2014.

(C) MASSIMILIANO SCAGLIARINI - Lagazzettadelmezzogiorno.it