Suicida a Taranto Pietrino Vanacore il portiere del delitto Cesaroni
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Vanacore, dalla metà degli anni Novanta, era tornato a vivere con la moglie nella sua terra, a Monacizzo, che si trova a poca distanza dal luogo nel quale oggi è stato trovato il corpo. Il paese è una frazione del comune di Torricella, poco più di 100 abitanti su una collinetta a 52 metri sul livello del mare, nel Golfo di Taranto. Altra frazione di Torricella è Torre Ovo-Librari-Trullo di Mare, nelle cui acque Vanacore si è suicidato.
L'uomo ha lasciato due biglietti con le stesse parole, uno sul tergicristallo della sua auto e uno all'interno della vettura: "Venti anni di sofferenze e di sospetti ti portano al suicidio". Sul posto il sostituto procuratore della Repubblica Maurizio Carbone e il medico legale. Sulla vicenda indagano i carabinieri della compagnia di Manduria.
Vanacore fu arrestato il 10 agosto del '90, con l'accusa di omicidio, tre giorni dopo il delitto avvenuto nell'ufficio dell'Associazione alberghi della gioventù. Il 16 giugno '93 venne prosciolto dal gip Cappiello perché "il fatto non sussiste". La decisione divenne definitiva nel 1995 dopo il ricorso in Cassazione. Dopo l'uscita di scena decise di lasciare Roma. Il 12 marzo avrebbe dovuto deporre alla prossima udienza del
processo per l'omicidio della ragazza in cui compare come unico indagato l'ex fidanzato Raniero Busco. Tra i testi citati per quell'udienza c'è anche il figlio di Pietrino Vanacore, Luca. L'ex portiere nel corso della sua deposizione avrebbe potuto rifiutarsi di rispondere alle domande dei giudici e sarebbe stato assistito da un legale in quanto già indagato in un procedimento connesso.
Poco meno di un anno fa, nel maggio 2009, era stata archiviata una seconda indagine su Pietrino Vanacore in relazione all'uccisione di Simonetta Cesaroni. I pm inquirenti (Ilaria Calò e Giovanni Ferrara), nell'ambito dell'indagine su Renato Busco, il 20 ottobre 2008 avevano infatti disposto una perquisizione domiciliare nella casa pugliese di Vanacore, perquisizione che non aveva portato a nessun risultato utile.
Pietrino Vanacore "si sentiva braccato, vittima di una continua caccia all'uomo. Non aveva più una sua vita da tanto, troppo tempo. Si sentiva come un detenuto al 41 bis. Lui era un uomo libero, eppure non più libero", ha raccontato l'avvocato Antonio De Vita, legale dell'ex portiere di via Poma. "Mio padre è stato condannato senza un processo. Lo hanno distrutto, lo hanno fatto a pezzi", ha detto amareggiato Mario Vanacore, figlio di Pietrino. "Sono passati vent'anni, eppure tutte le volte che si è parlato della mia famiglia è stato solo per massacrarci", ha ribadito l'uomo. "Hanno reso la vita di mio padre un inferno", ha rincarato l'uomo, che vive a Torino e fa il portiere in uno stabile dell'elegante quartiere della Crocetta. "Aveva tanti progetti, voleva comperare una casa - ha ricordato - ma ha dovuto utilizzare tutti i risparmi che aveva per pagarsi gli avvocati".
{affiliatetextads 1,,_plugin}"Non so come interpretare questo fatto. L'ho saputo 20 minuti dopo che era successo", ha detto l'avvocato Paolo Loria, legale di Raniero Busco. "La morte di Vanacore è troppo vicina alla scadenza processuale per non essere collegata. E sicuramente lui non se l'è sentita di testimoniare - ha aggiunto il penalista - Lui ha vissuto con rimorso sulla coscienza questa storia, e non perché lui fosse l'autore dell'omicidio, ma perché sapeva. Evidentemente, però, non poteva parlare neanche a distanza di anni. Non se l'è sentita, insomma, di affrontare i giudici, gli avvocati e la testimonianza in aula".
"Ho sentito i familiari di Simonetta. Il primo sentimento che si prova è di dispiacere. La notizia ci ha colpiti sotto il profilo umano, il suicidio è sempre una cosa drammatica", è stato il commento dell'avvocato Lucio Molinaro, legale della famiglia Cesaroni. "Il rancore e la contrarietà di quando ci fu il processo a suo carico tacciono di fronte all'emozione di questa notizia - ha proseguito il legale - Domani incontrerò la madre e la sorella di Simonetta, proprio perché la notizia ci ha colpito molto".
Umana comprensione per la tragica fine di Vanacore è stata espressa oggi da Italo Ormanni che prima di diventare responsabile del dipartimento Giustizia come procuratore aggiunto della capitale si era ampiamente occupato della vicenda di via Poma. "Il suicidio è un fatto che intristisce e addolora - ha detto Ormanni - ma i vent'anni di sospetti ai quali allude Vanacore è frutto di una valutazione personalissima". Ormanni ha ricordato che quando le indagini sul caso, che non era mai stato chiuso, furono riaperte, anche Vanacore fu tra gli indagati. Ma non è emerso nulla nei suoi riguardi. Dopo le perizie sulle tracce di saliva rilevate sul corpetto della Cesaroni e la compatibilità dell'impronta del morso sul seno della vittima con l'arcata dentale di Raniero Busco "tutti fummo sicuri di non avere alcun dubbio sulle responsabilità".