Ru486, le donne del Pdl contro “l'esuberanza dei governatori maschi”
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«Non si faccia falsa informazione sulla pelle delle donne, dando della pillola abortiva definizioni ingannevoli e pericolose», le fa eco Anna Maria Bernini, portavoce nazionale vicario del Pdl spiegando che «la Ru486 non è una pillola facile». «Nella Lega non ci sono divergenze sull'utilizzo della pillola abortiva», precisa Gianna Gancia, presidente della Provincia di Cuneo ed esponente del Carroccio. Parla di «nuove "mammane" pro aborto» il presidente dei senatori Pdl, Maurizio Gasparri, riferendosi alla proposta di una manifestazione di donne, mentre per il ministro per l'Attuazione del Programma, Gianfranco Rotondi, sulla RU486 la legge va rispettata ma la 194 va applicata fino in fondo. L'Udc, dice Teresio Delfino, presidente del partito in Piemonte, è pronta al dialogo sulla tutela della vita.
Sul fronte dell' opposizione, «Cota e Zaia costretti alla retromarcia», dice Fabio Evangelisti , vicepresidente vicario del gruppo di Idv alla Camera mentre Bruno Mellano, presidente dei Radicali Italiani, e Giulio Manfredi (associazione Adelaide Aglietta) affermano che il neo presidente Cota «vuole prendere due piccioni con una fava: avere direttori generali delle aziende sanitarie fedeli alla linea e rendere così difficile alle donne l'accesso all'aborto farmacologico».
Su 1.800 casi di aborto con la pillola RU486 considerati in otto ospedali italiani «il 94,5% delle donne ha evitato l'intervento , il 5,5% si è sottoposto a raschiamento dopo il secondo ciclo del farmaco, quindi dopo l'espulsione, e in un solo caso c'è stato bisogno di una trasfusione». Lo rende noto Silvio Viale, il ginecologo che avviò cinque anni fa al Sant'Anna di Torino la sperimentazione del farmaco. «Va considerato - sottolinea Viale - che, nel caso dell'aborto chirurgico, il 100% si sottopone a intervento e nel 2%-4% di casi c'è bisogno di un secondo intervento. In Italia le donne che hanno abortito con la pillola in regime di sperimentazione sono 3.500 in una trentina di ospedali, soprattutto dell'Emilia Romagna; 362 a Torino».
Per quanto riguarda i costi, secondo Viale sono «praticamente indifferenti tra l'aborto chirurgico e quello con la RU486 . Cambia pochissimo. Ora quello chirurgico costa tra i 900 e i 1.000 euro, mentre quello medico, che arriva a circa la metà di questi importi così a se stante, raggiunge invece il costo di quello chirurgico con il ricovero, gli esami e la struttura».
Viale: «Ospedale Sant'Anna blocca il mio ordine. La mia paura non è Cota, ma il centrosinistra». «Ho ordinato il farmaco mercoledì scorso e dal Sant'Anna la richiesta non è ancora partita. Per motivi oscuri la direzione ospedaliera blocca il mio ordine» denuncia Viale che, in merito al neo presidente della Regione, il leghista Roberto Cota, afferma che la sua «vera paura non è Cota. Nel passato mi sono scontrato con Storace e con Sirchia. La mia paura sono gli scontri nel centrosinistra, perché con un occhio polemizzano con il centrodestra e con l'altro guardano ai cattolici».
{affiliatetextads 1,,_plugin}Veronesi: divieto è un'inutile punizione, incostituzionali dichiarazioni di Cota e Zaia. «Togliere a una donna la possibilità di interrompere la gravidanza farmacologicamente, invece che chirurgicamente, è solo una inutile punizione fisica - dice Umberto Veronesi, ex ministro della Salute - Le dichiarazioni dei neo governatori del Piemonte e del Veneto sull'intenzione di non distribuire la pillola Ru486 sono incostituzionali. Il quadro che deriverebbe da un divieto simile è che le donne meno informate, meno abbienti, subiranno un intervento chirurgico evitabile, mentre quelle più colte e con maggiori mezzi finanziari si rivolgeranno ad altre regioni o alle cliniche private. Senza contare il rischio che si crei un mercato nero della pillola».
Associazione medici cattolici: la legge c'è e va applicata. «Sono antiabortista al 100 per cento, ma la legge va rispettata - dice Giorgio Lambertenghi Delilieris, presidente dell'Associazione medici cattolici di Milano - In difesa delle donne, che altrimenti rischiano di tornare ad abortire clandestinamente. Non bisogna confondere la battaglia anti- abortista con quella contro le leggi sull'interruzione di gravidanza. Gli ospedali dovranno tener conto delle norme come hanno fatto negli ultimi 32 anni per l'aborto chirurgico. L'alternativa è il Far West». Delilieris sottolinea l'importanza di fornire informazioni complete alle donne che decidono di abortire con la Ru486 e il dovere a «impegnarsi per evitare che queste vadano a casa prima di avere abortito, firmando le dimissioni e uscendo dall'ospedale».
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