Il Sud Penalizzato, la frana affonda nell’indifferenza.
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Ricordiamo lo smottamento del 2006 che divorò un pezzo di statale 90 un tempo unica via di collegamento fra Foggia e Napoli. Oggi quella strada non viene quasi più percorsa dagli automobilisti per tutti i disagi cui si andrebbe incontro: un cartello obbliga le auto a salire in paese, a Savignano scalo, per poi ridiscendere dall’altra parte del cocuzzolo per ricongiungersi con la carreggiata risparmiata dal tracollo. Ne volete altri di segnali? Un anno prima, siamo nel marzo 2005, anche l’autostrada si era dovuta fermare soggiogata ai capricci della frana. Il pilone di un ponte in località Alveo Vecchio aveva ceduto, il dislivello causò lesioni profonde sulla sede stradale. Fu necessario deviare l’uscita delle auto al casello di Grottaminarda, si parlò all’epoca di Italia divisa in due sia pure per qualche giorno.
{affiliatetextads 1,,_plugin}Cinque anni dopo ci risiamo, ma le conseguenze questa volta sono ben peggiori. La ferrovia in quel tratto è chiusa da un mese, i passeggeri costretti a faticosi trasbordi in pullman fra Foggia e Benevento (e viceversa) per saltare quel tratto proibito. Altro che Italia divisa in due. Se pure l’autostrada ritornasse a fare i capricci la Puglia non avrebbe più sbocchi verso Ovest. Benvenuti nell’alta capacità ferroviaria... Sulla Roma-Napoli i treni corrono a trecento all’ora, da noi non possono nemmeno partire. E tutto questo per colpa di una frana virulenta e poderosa quanto si vuole, ma che stà lì da almeno un lustro in attesa che qualcuno se ne accorga. Così oggi tocca ai passeggeri subire le conseguenze obbligati come sono a salire a bordo degli “autobus sostitutivi” delle ferrovie dello Stato. Da Foggia partono quattro bus per ogni treno in arrivo (sette i collegamenti giornalieri Lecce-Roma fra eurostar, intercity e regionali), nei giorni di punta di Pasqua si arriverà anche a 5-6 pullman. Una teoria di mezzi che scorrazza da Foggia a Benevento (e viceversa), la gente che sale a bordo allibita e rassegnata.
L’unica cosa certa è il ritardo: il trasbordo treno-pullman accumula un’ora e mezza oltre la durata media del viaggio. Così il Lecce-Roma, durata del viaggio 5 ore e 25 minuti sul “Frecciargento”, oggi non arriva a destinazione prima di sette ore. Come un qualsiasi “Accelerato” di qualche epoca fa. Si dice che le responsabilità politiche in questa storia siano vistose. Le Ferrovie dello Stato alludono probabilmente a questo in una nota diff usa l’11 marzo 2010 – cioè il giorno successivo al primo movimento franoso che minacciava la ferrovia a valle – quando nel fare il punto della situazione ricordano non a caso cosa accadde quattro anni fa: “Nella primavera del 2006, per fronteggiare l’avanzamento della imponente massa di terra, fango, pietre e detriti che dalla montagna scivolava lentamente verso valle, Rete Ferroviaria Italiana (Gruppo FS) realizzò opere di contenimento poi consegnate al Genio Civile di Ariano Irpino. Ciò consentì all’Anas la successiva costruzione di una variante stradale provvisoria per l’utilizzo della Strada Statale 90”. A quegli interventi tampone realizzati da Fs avrebbero dovuto seguire lavori strutturali con opere di contenimento della frana come peraltro previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministro del 12 maggio 2006 in cui “fu dichiarato – sono ancora le Fs a ricordarlo – lo stato di emergenza che durò fino al 31 maggio 2007. Sempre nel 2006 – si legge ancora nella nota – la stessa Presidenza del Consiglio dei Ministri, con Ordinanza 3532 del 13 luglio, nominò il Presidente della Regione Campania quale Commissario delegato per fronteggiare l’emergenza con il compito, tra l’altro, di defi nire d’intesa con Anas e Rfi (Rete ferroviaria italiana) un apposito piano d’interventi finalizzato al ripristino della viabilità della statale 90 delle Puglie e all’eventuale individuazione di un tracciato alternativo della tratta ferroviaria Napoli – Foggia interessato dalla frana o di altre soluzioni sostenibili, individuando le occorrenti risorse finanziario di porre a carico dei predetti Entì”.
Oggi il progetto prevede lo spostamento dei binari dalla zona dove è attiva la frana, ma non bisognava farlo già quattro anni fa? – sembra ora voler sottolineare Fs (Ferrovie dello Stato). Adesso il problema maggiore è trovare un sito di stoccaggio per circa 400 milioni di metri cubi di fango e detriti scaricati a valle dalla frana. Un’operazione complicata che ha fi nora rubato l’attenzione di progettisti e soccorritori. Così del “dopo” ancora non si parla. Fa solo una promessa il commissario delegato per la Campania, Mario De Biase: “Se non piove – ha detto un paio di settimane fa – potremmo riattivare la ferrovia tra circa un mese”. Sembra una dichiarazione d’intenti, piuttosto che un principio di programmazione. È così che quest’area del Subappennino abbracciata all’Irpinia – una tra le più povere del Mezzogiorno – scivola e sprofonda nell’indifferenza generale. Fortuna per le popolazioni che di qui invece passa la ferrovia: ogni giorno in più di sosta ai box del treno è uno smacco per l’Italia dell’alta velocità che da queste parti ha già dovuto declinare l’off erta
in “alta capacità” a causa delle linee più vecchie e malandate. Siamo il Sud che non può correre, caricato com’è di zavorre: ma dentro questo Sud ce n’è un altro ancor più povero che “lorsignori” sembra proprio abbiano abbandonato al suo destino.
Massimo Levantacci - http://www.gazeco.it/gazeco/archivio/03-04-2010.pdf