I 25 operatori dei Centri salentini per la Salute Mentale rischiano il posto di lavoro
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{affiliatetextads 1,,_plugin}Da un po’ di tempo però qualcosa non va: l’instabilità e la precarietà del lavoro degli operatori rischia di prendere il sopravvento. Il timore più grande appartiene alle tante famiglie che, in questi anni, hanno visto nascere una luce nuova negli occhi dei loro familiari con disagi psichici. Il Dipartimento di Salute Mentale (Dsm) di Lecce comprende 6 Centri diurni più i laboratori espressivi del Centro per la Cura e la Ricerca sui disturbi del comportamento alimentare. L’insieme di queste attività, che ha lo scopo di raggiungere gli obiettivi di cura e riabilitazione all’‘essere’ e al ‘fare’ e di reinserimento sociale e lavorativo, è condotto da quasi vent’anni da un corposo gruppo di operatori convenzionati: 25 in tutto che lavorano per circa 500 ore settimanali. I Centri diurni e i laboratori espressivi rappresentano una realtà imprescindibile nell’attività in rete del Dsm per la cura e la riabilitazione, e per la risocializzazione delle persone con disagi mentali. Al loro interno sono attivi laboratori in cui progetti terapeutici – riabilitativi - educativi sono studiati ad personam.
Le attività creative e culturali fanno emergere competenze e potenzialità che stimolano le capacità autorigenerative e facilitano l’espressione di sentimenti ed emozioni rimossi e della creatività. Nonostante gli sforzi e i sacrifici di questi operatori per garantire continuità ed efficienza del servizio nei Centri, tuttavia, la situazione di incertezza e precarietà diventa sempre più preoccupante, non solo per chi ci lavora, ma anche e soprattutto per gli utenti e per le loro famiglie. Difendere i posti di lavoro degli operatori di questi Centri diurni significa non solo voler garantire stabilità e dignità a 30 lavoratori, ma anche rivendicare la qualità del loro operare, nell’interesse delle persone portatori di disagi mentali e la legittimazione di un modo innovativo della gestione della salute mentale: che valorizza le risorse interne alla Asl e si basa sulla visione della persona disagiata come soggetto da non sanitarizzare.
Non sempre la risposta migliore al disagio psichico è il farmaco: l’esperienza e gli studi sul campo dimostrano tutt’altro. Il lavoro svolto finora dagli operatori, inoltre, ha permesso una significativa riduzione dei ricoveri ospedalieri, portando non solo a un risparmio della spesa sanitaria, ma soprattutto a produrre salute e rinnovata qualità del vivere. Per questo chiediamo alla Direzione sanitaria della provincia di Lecce come mai non si sia ancora pensato di inserire questi lavoratori nella procedura di internalizzazione dei servizi Asl, pregiudicando così la continuità del lavoro degli operatori e la continuità e la qualità del servizio? La CGIL Lecce ritiene che la riorganizzazione dei Centri non possa prescindere dalla stabilizzazione delle attività lavorative al loro interno, garantendo loro certezza e dignità, nell’interesse innanzitutto degli utenti e delle loro famiglie.
La CGIL Lecce ha già chiesto un incontro urgente all’Assessorato regionale alla Sanità per conoscere gli orientamenti rispetto alle procedure di internalizzazione della Asl Lecce. Saremo lì con tutti i lavoratori. La CGIL inoltre, nell’ambito dell’incontro presso l’Assessorato, intende chiedere a che punto si è con la vicenda delle internazionalizzazioni del personale addetto all’area informatica del Cup della Asl Lecce, al momento esclusi, a nostro avviso inopportunamente, dal procedimento, mettendo l’azienda sanitaria pubblica nelle condizioni di spendere circa due milioni di euro in più che con l’internazionalizzazione del personale risparmierebbe.