La statuizione fa presente come una sofferenza aggiuntiva sia inevitabile ogni qualvolta la pena debba essere eseguita nei confronti di soggetto in non perfette condizioni di salute. Ma tale sofferenza può assumere rilievo se si dimostra presumibilmente "di entità tale da superare i limiti della umana tollerabilità".

{affiliatetextads 1,,_plugin}Sulla scia del principio enunciato la Corte ha accolto il ricorso di un detenuto che doveva scontare una pena di 5 anni di reclusione. L'uomo si era visto negare il differimento della pena che aveva chiesto in vista di un delicato intervento chirurgico per l'asportazione di un cancro al cervello. Il Tribunale di sorveglianza aveva negato ai domiciliari sostenendo che "il regime di detenzione non era incompatibile con la patologia" e che "il reato in espiazione impediva l'uscita dal carcere del detenuto". La questione è approdata in Cassazione la quale ha dato ragione al detenuto che aveva rivendicato il "diritto alla salute costituzionalmente garantito" chiedendo un trattamento detentivo "più  umano".

Alla luce della sentenza in commento e della tragica questione dell’affollamento delle carceri, secondo Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” è giunto il momento di creare in ogni regione ove hanno sede gli istituti di detenzione la figura istituzionale del “Garante per i diritti dei detenuti” affinché siano costantemente tutelati i diritti umani delle persone soggette a pene detentive troppo spesso calpestati in conseguenza di istituti stracolmi ed inadeguati. Ciò anche al fine di tutelare le migliaia di agenti di polizia penitenziaria costretti a tour de force inimmaginabili in altri Paesi europei.

In ogni caso lo “Sportello dei Diritti” continuerà a ricevere le denunce e si adopererà per la difesa dei diritti umani dei detenuti in ogni sede.