Autodeterminazione, resistenza al Bari-centrismo, portare più risorse qui da noi, alla nostra piccola patria. E magari pensano a Lecce-capoluogo, in nome della più vieta leccesità. Ma il sogno di questo movimento localistico e “sudista” è solo un sogno malato, un sogno di secessione da una Puglia che da pochi anni comincia finalmente a pensarsi davvero come Regione, ad approntare agenzie regionali che vanno dal turismo al cinema, dalla musica al sostegno della creatività giovanile, dalla cultura all’ambiente, dal diritto allo studio alla formazione professionale.

{affiliatetextads 1,,_plugin}Un sogno malato è un sogno che nasce dalla frustrazione, dalla volontà di potenza demolita dal principio di realtà che si afferma rispetto al principio infantile di piacere autarchico. Un sogno malato è quello che cerca di produrre una realtà artefatta con un microclima telemediatico che ha illustri (Mediaset) e meno illustri (AT6 di Giancarlo Cito) antecedenti, ma che è ormai messo in crisi dall’implosione del berlusconismo e dalla crisi della sua narrazione manipolatoria.

Aver creato spesso un microclima localistico con cui dileggiare gli sforzi della primavera pugliese, aver preso partito affianco al populismo delle destre, rendendogli spesso evidenti servigi in presa diretta e differita, non ha reso purtroppo Telerama una soggettività della crescita culturale e civile del territorio, ma sempre più una grancassa amplificata del ceto politico locale e della propria messa in scena, spesso grottesca, di potere e di pretesa egemonica. Un’antenna che si atteggia a proprietaria dell’ordine del discorso ed è interventista nell’agenda politica, diviene adesso tout court e senza ulteriori mediazioni strumento attivo e aggressivo di propaganda di un’ipotesi politica che solo settori frammentati delle destre social-populiste sostengono, alla ricerca di uno spazio politico e di una ricollocazione nella crisi del blocco di potere della cosiddetta seconda Repubblica.

Per il Salento comunque inteso, per la Puglia o le Puglie, se si vuole, e comunque per il Sud, non è più tempo di sogni malati, regressivi, separatisti. È tempo di sogni di guarigione, di sogni che elaborino persino nel profondo il mettersi alle spalle il clientelismo, il familismo amorale, il culto delle consorterie e dei clan allargati, delle corporazioni e delle collusioni, del politicismo e dello scambio opportunistico. È tempo di sogni di speranza che ci aiutino  a un risveglio consapevole e attivo, critico e deciso. Il legame sociale e la cittadinanza attiva rappresentano un principio di realtà  nella sfera pubblica inquinata dal potere della propaganda e dalla illusoria potenza del discorso autoreferenziale. È tempo piuttosto di prendere sul serio l’autonomia del Sud, intrecciando discorso ed azione, in un’autonomia culturale che non significa per questo autarchia culturale. La Puglia e il Sud sono oggi in grado di ripensarsi, e devono farlo davvero senza scorciatoie o regressioni. La questione meridionale è ormai parte della questione mediterranea, e di fronte alla “secessione fredda” della Lega Nord e  all’idea ambigua dei partitini del Sud, non basta la generica retorica del federalismo solidale, ma la prospettiva ravvicinata della costruzione di un’area euro-mediterranea, di cui la nuova Puglia può essere un avamposto di sicuro riguardo.

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