{affiliatetextads 1,,_plugin}L’imputato, aveva proposto comunque ricorso in cassazione adducendo che le corti di merito palermitane avevano stabilito la sua penale responsabilità senza considerare che il cane era di proprietà della madre e della nonna.

Gli ermellini hanno rigettato il ricorso facendo proprie le motivazioni dell’appello e di primo grado essendo stato provato che “l’animale era sicuramente in suo possesso” e che l’imputato “abitava con la madre e si rapportava quotidianamente con l’animale che gli ubbidiva e che portava a passeggio”.

I giudici di piazza Cavour hanno motivato la decisione statuendo che “in tema di custodia di animali, l'obbligo sorge ogni volta che sussista una relazione di possesso o di semplice detenzione tra l'animale e una data persona, posto che l'art. 672 cod. pen., relaziona l'obbligo di non lasciare libero l'animale o di custodirlo con le debite cautele al possesso dell'animale, possesso da intendersi come detenzione anche solo materiale e di fatto senza che sia necessario che sussista una relazione di. proprietà in senso civilistico.”