{affiliatetextads 1,,_plugin}Pur avendo sostenuto di essere in comunione dei beni ed avendo contribuito alla vita familiare con il suo lavoro in casa arrivando a definirlo quale “lavoro manageriale diretto alla cura dei figli”, le due corti di merito il Tribunale di Terni e poi la Corte d’Appello di Perugia avevano rigettato le sue richieste anche perché non aveva dimostrato una partecipazione economica alla fabbricazione dell’immobile la cui realizzazione era quindi da ritenersi regolata dai principi generali in materia di accessione.

Anche la prima sezione civile della Corte di Cassazione ha rigettato le istanze della moglie motivando in questo modo la propria decisione: “la costruzione realizzata in costanza di matrimonio ed in regime di comunione legale sul terreno di proprietà personale esclusiva di uno dei coniugi è di proprietà personale ed esclusiva di quest'ultimo in virtù dei principi generali in materia di accessione. L'altro coniuge, che pretenda di ripetere le somme spese, è onerato della prova d'aver conferito il proprio apporto economico per la realizzazione della costruzione attingendo a risorse patrimoniali personali o comuni; di contro il coniuge proprietario non è tenuto a dimostrare d'aver impiegato denaro personale né personalissimo”.