La campagna di scavi, dunque, stanno ricostruendo accanto agli imponenti resti della torre castrale (la cosiddetta “sedia del diavolo”) l’intera planimetria della cattedrale che fu dimora di Sant’Alberto Normanno e del castello che dominava un insediamento di età bizantina (inizi XI secolo) con funzione di castrum e di importante sede vescovile. L’indagine archeologica, grazie agli ultimi scavi, sta permettendo di ricostruire anche gran parte della storia del sito e di far luce sul perché della sua scomparsa agli inizi dell’evo moderno.

Sono numerosissimi i reperti mobili ritrovati: dai blocchi decorati della cattedrale a intonaci dipinti, maioliche, vetri decorati, anelli, monete bronzee, punte di frecce, attrezzi da lavoro. Importanti anche i resti bioarcheologici riportati dalla luce, tra i quali ossa di cervo, daino e tartarughe. “Sono stati compiuti passi in avanti importantissimi, quello di Montecorvino sta diventando uno dei siti archeologici più interessanti e spettacolari della Capitanata grazie al lavoro dell’Università di Foggia, peccato però che non sia ancora stato risolto il problema del vincolo a protezione dell’area archeologica – dichiara il sindaco di Pietramontecorvino, Rino Lamarucciola – Un vincolo atteso ormai da oltre 10 anni. Lo scorso anno fu il responsabile provinciale della Soprintendenza ai Beni Culturali, Francesco Paolo Maulucci, ad assicurarci che di lì a qualche settimana il vincolo sarebbe stato posto. Stiamo ancora aspettando”.

Il progetto su Montecorvino vuole rappresentare anche l’occasione di porre il problema civico e culturale della salvaguardia del patrimonio costituito da molti insediamenti medievali abbandonati di Capitanata (come p. es Tertiveri, Dragonara, Civitate, ma anche Masseria Pantano a Foggia) a rischio di degrado o scomparsa, ubicati in proprietà privata e, nel caso di Montecorvino, privi di qualsiasi forma di protezione, tutela o vincolo di tipo archeologico, architettonico o ambientale.