Nelle sale "L'uomo nero", con il trio Rubini-Scamarcio-Golino
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{affiliatetextads 1,,_plugin}Una pellicola quasi completamente recitata in dialetto pugliese, degna di nota a questo punto la bravura degli interpreti che, ad eccezione di Scamarcio e Rubini, provengono da altre regioni. Un film che ha molto dell’autobiografico, imperniato sulla vita del regista: racconta di suo padre ferroviere e di sua madre insegnante. Andiamo in ordine: c’è il papà di famiglia giunto quasi alla morte, interpretato proprio da Rubini e c’è Gabriele, il figlio, interpretato da Gifuni. Gabriele solo a questo punto della sua vita e cioè quando sta per perdere suo padre capisce che tipo di persona è, una persona speciale. Se ne rende conto solo dopo che il papà è morto scoprendo qualcosa che mai aveva saputo.
Mentre è il suo capezzale gli ritornano in mente frammenti dell’adolescenza con un padre ferroviere che in realtà aveva la grande passione della pittura, piuttosto burbero nei modi, e una mamma insegnante interpretata da Valeria Golino. Gabriele, stanco della dolcezza mancata da parte dei genitori, fin da piccolo si giovava del rapporto con suo zio Pinuccio (Riccardo Scamarcio) con cui si divertiva e ritrovava la spensieratezza propria di quell’età. Una sceneggiatura costata circa 4 milioni e mezzo di euro e prodotta da Biancafilm in collaborazione con Raicinema, ricca di emozioni. Un film che punta dritto al cuore, ai sentimenti e alla possibilità di poter recuperare dei rapporti apparentemente perduti. Da venerdì al cinema.
Lorena Stolfa