Una rinuncia che non stupisce il vicesindaco e assessore alla Sicurezza, Riccardo De Corato: «Quelle della Lega erano solo trovate elettorali». Ma non ci sono solo i leghisti ad aver abbandonato le ronde. Al momento, la prefettura sta valutando se iscrivere nel registro solo due associazioni, le uniche che abbiano fatto richiesta, entrambe composte da poliziotti in pensione. Nessuna associazione di cittadini si è fatta viva.

La conferma dell’abbandono da parte della Lega delle ronde, suo cavallo di battaglia nella seconda metà degli anni Novanta, arriva da Alessandro Morelli, il consigliere di zona che si era dato da fare in città per radunare ex appartenenti alle forze dell’ordine convinti della necessità di vigilare nei parchi e nelle strade buie la notte. «Anche senza le ronde, la nostra presenza sul territorio contro il degrado è forte — dice Morelli — non serve iscriversi a un albo per essere vicini ai problemi della gente».

{affiliatetextads 1,,_plugin}Il decreto Maroni non ha cancellato solo le ronde leghiste: rischia di mettere “fuorilegge” anche la convenzione attivata da Palazzo Marino con i poliziotti in pensione. Anche per gli ex agenti dell’Api (Associazione poliziotti italiani), che ha fatto richiesta di accreditamento in prefettura, potrebbe arrivare lo stop. Il regolamento ministeriale che disciplina le ronde vieta infatti «ogni forma di pagamento ai volontari della vigilanza», ma l’associazione che da due anni vigila per conto del Comune in luoghi “caldi” della città lo fa dietro compenso.

Il contratto biennale sottoscritto nel 2008, che prevede il pagamento di 196mila euro agli ex agenti per interventi di “presidio e segnalazione” in città, scadrà il 31 maggio prossimo. E il vicesindaco De Corato, «molto soddisfatto dell’azione degli ex agenti nella lotta al degrado e della prevenzione del crimine», dovrà chiedere alla prefettura di firmare una deroga alla legge, che consenta di dare ai poliziotti a riposo almeno un rimborso. L’alternativa è che a Milano le ronde spariscano del tutto entro l’estate, spontanee o “istituzionali” che siano.

Oggi i 110 uomini dell’Api presidiano sette “obiettivi sensibili”, dal malfamato sottopassaggio di Rogoredo al quartiere Monluè, dai parchi alle metropolitane di sera. In due anni le loro segnalazioni hanno portato a decine di arresti e sequestri di merce contraffatta. Ma hanno già annunciato che, gratis, non sono disposti a continuare. «Il nostro intervento è altamente qualificato — dice Mario Tritto, segretario generale dell’Api — almeno un rimborso ci è dovuto».

Il paradosso è che l’ingresso nell’albo prefettizio, per l’Api, potrebbe essere un danno: chiedendo l’iscrizione, devono sottostare infatti alle regole del decreto. I City Angels, che nell’albo non ci sono, svolgono regolarmente la loro opera (retribuita) a cavallo fra la sicurezza e la solidarietà, per conto dell’assessorato alle Politiche sociali del Comune. I vigilantes Atm che ogni sera pattugliano le fermate della metrò, pagati da una società a capitale pubblico, non sono ovviamente iscritti all’albo, eppure possono lavorare senza problemi.

Nel caos seguito all’applicazione del pacchetto sicurezza si inserisce anche il rinvio dell’istituzione dell’albo dei buttafuori. Il registro degli “addetti ai servizi di controllo e security” nei locali, da cui saranno esclusi i pregiudicati e chi non ha la licenza media, sarebbe dovuto partire il 6 aprile. Ma per una serie di difficoltà (fra cui la necessità di organizzare corsi regionali per i buttafuori) la questione è stata rimandata al prossimo 31 dicembre. Fra i problemi di cui non si è tenuto conto al momento dell’emanazione del decreto, c’è anche il fatto che la metà degli addetti alla sicurezza è straniero, e non ha quindi conseguito la licenza media in Italia. Solo a Milano, l’albo lascerebbe a casa 250 uomini della security che già lavorano, ma che non hanno titoli di studio presi all’estero, non riconosciuti in Italia.

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