{affiliatetextads 1,,_plugin}Il 10 Dicembre si è svolto il 62° anniversario dell'adozione della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani sancita dall’ONU nel 1948 e i Giovani Democratici di Massafra, impegnati da sempre a far conoscere e tutelare i diritti fondamentali di tutti gli esseri umani senza distinzione di sesso, razza, età e religione, vogliono ricordare a tutti l’importanza di questa giornata e vogliono sottolineare l’importanza del diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza personale, al riconoscimento come persona e all'uguaglianza di fronte alla legge, alla nazionalità, alla proprietà, alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; alla libertà di associazione, di opinione e di espressione, alla sicurezza sociale; a lavorare in condizioni giuste e favorevoli e alla libertà sindacale, a un livello adeguato di vita e di educazione.

Molti penseranno che questa situazione appartiene al passato,  che magari interessi solo i paesi del cosiddetto “terzo mondo”, noi invece vogliamo ricordare che anche nell’Italia del 2010, anche nella nostra Puglia , c’è chi maltratta, schiavizza e uccide.

La tragica tematica del Caporalato in terra di Puglia è un problema che siamo decisi ad affrontare e ad approfondire, data la sua permanenza secolare sul nostro territorio e nel nostro tessuto sociale ed economico. Uomini e donne, connazionali o stranieri, ogni anno, tra aprile e ottobre, diventano i soggetti principali per realizzare una ingente produzione fatta di tantissime varietà di ortaggi e frutta ritrovandosi a fare i conti con una misera paga rispetto alle 10 ore e più di lavoro nei campi. L’80% dei 70.000 lavoratori sfruttati nelle campagne non ha accesso a cure sanitarie e a servizi igienici accrescendo il numero delle patologie legate a questo tipo di lavoro e all’assenza di tutele e di sistemi di prevenzione adeguati. Si vive in edifici abbandonati e fatiscenti, non disponendo né di acqua potabile, né di servizi igienici, né di elettricità; ammassati come bestie e da bestie costretti a subire abusi e maltrattamenti.

Il Caporalato diventa così una nuova mafia: crea un movimento transeuropeo che vede la riduzione in schiavitù della fonte dei guadagni; i caporali diventano detentori del monopolio sulla vita dei braccianti, precludono i rapporti sociali, elemento essenziale per costruire spazi liberi; favoriscono i più accondiscendenti, ma anche coloro che sono disposti a infierire sugli stessi compagni.

Questi soggetti trovano un terreno fertile a causa, anche, di una concreta indifferenza, e in alcuni casi di una silente complicità, che nella società italiana vede coinvolti diversi livelli delle istituzioni, dell’economia e della società civile. Le più importanti iniziative che hanno contribuito a mitigare il problema sono state la legge Vendola per l’emersione del lavoro nero e la legge Bersani: la prima stabilisce che l’azienda del territorio che fa ricorso al lavoro nero perde per cinque anni la possibilità di accedere ai fondi europei, nazionali e regionali; la seconda introduceva il principio secondo cui il lavoratore deve essere assunto il giorno prima che inizi a lavorare.

{affiliatetextads 2,,_plugin}Chi schiavizza dei lavoratori agricoli può incorrere in due tipi di reati: la riduzione in schiavitù, molto difficile da provare, oppure il ricorso al lavoro nero che si risolve con una semplice sanzione amministrativa e l’inasprimento delle leggi sull’immigrazione non riuscirà a risolvere il problema. Si è cercato di istituire il reato di Caporalato dal precedente governo Prodi, con pene da 3 a 8 anni e sanzioni salate per l’imprenditore che si serve del caporale, ma per via della caduta del governo il ddl non è mai stato approvato. E pensare che la maggior parte di questi lavoratori arrivano in Italia non per cercare il nuovo Eldorado, ma semplicemente per pagarsi gli studi o raccimolare del denaro da inviare alle famiglie in patria. Questa iniziativa è un modo per ricordare a tutti noi di essere stati figli di emigrati: dalla Svizzera, dalla Germania i nostri padri non erano certo diversi dai polacchi, marocchini, magrebini, rumeni che ogni giorno emigrano nel nostro paese.