Per la prima volta vengono resi noti con largo anticipo i nomi dei tre direttori e dei tre registi. Proprio in questo ambito svetta Gabriele Lavia che strappa un “perbacco” et similia a chi desiderava il grosso nome. Con Lavia è difficile sbagliare uno spettacolo anche se si tratta dei misconosciuti, per il pubblico italiano e certamente per lo spettatore salentino, “Des ring des Polycrates” di Korngold e “Der geheime Konigreich” di Krenek.

{affiliatetextads 1,,_plugin}Gli altri due registi sono Timothy Nelson (per l’“Aureliano in Palmira” di Rossini), eclettico talento americano che maneggia bene sia Couperin che Philip Glass, e Juliette Deschamps (per “Il novello Giasone” di Cavalli-Stradella. Una passione per il teatro coltivata a Parigi da giovanisima ed un incontro determinante, quando è il momento di debuttare, quello con il celebre soprano Anna Caterina Antonacci, che non dimentica mai le sue radici a Lecce. Come per Lavia, c’è un secondo desiderio del pubblico del Valle d’Itria: rivedere sul palcoscenico del Festival l’Antonacci, molti anni dopo la sua indimenticabile “Incoronazione di Poppea”. Tanto più che quest’anno, invitata dal direttore artistico, Anna Caterina figura fra i docenti dell’Accademia di canto, rinnovata ed intitolata adesso a Rodolfo Celletti, primo direttore della rassegna.

Parafrasando Celletti che si domandava, in uno dei suoi scritti: “Andare all’opera per ascoltare un’aria o per assistere a uno spettacolo?”, poichè la prima dovrebbe essere la risposta esatta, ecco allora i nomi dei direttori che quell’aria sanno ottenere: Giacomo Sagripanti viene riconfermato, dopo la prova dello scorso anno, per Rossini; e lo stesso discorso vale per Diego Fasolis che guida dal podio Cavalli-Stradella; al debutto martinese invece Roman Brogli-Sacher, nato in Svizzera, ed ora direttore del Teatro di Lubecca con cui il Festival coproduce i due lavori di Korngold e Krener, rafforzando quei rapporti internazionali che furono un vanto della precedente direzione di Sergio Segalini.

Il programma del Valle d’Itria si concentra quasi tutto a luglio, con le tre opere distanziate come ai vecchi tempi, il che imporrà delle scelte ben precise al pubblico non locale, non stanziale, ed ai critici. Altro elemento di novità: su dodici appuntamenti previsti dal cartellone, ben otto sono interamente consacrati al Novecento o per buona parte debitori (un concerto può cominciare con Liszt e chiudersi con Stravinskij). È un cambio di rotta che imporrà una mutazione del pubblico con le inevitabili defezioni. In compenso, per i transfughi, il luglio pugliese assicura una “Madama Butterfly” proposta dal Petruzzelli.

{affiliatetextads 2,,_plugin}Accanto alle opere, alla pagina di musica sacra nella collegiata di San Martino (un altro Cavalli-Stradella), ad una serata dedicata alla musica corale (Rossini), figurano tre concerti sinfonici. Celletti diceva che “i cinquantenari, centenari, bicentenari, hanno tanto senso quanto la scoperta della macchina per tagliare il brodo”, ma l’occasione è talmente speciale che si può fare un’eccezione: uno dei concerti è consacrato al quarto di secolo di collaborazione con l’Orchestra internazionale d’Italia, colonna portante della manifestazione. Un altro concerto, con musiche di Rossini e Verdi, è legato alle celebrazioni del 150mo anniversario dell’Unità d’Italia.

Contemporaneamente allo svolgersi di questo programma prende avvio, nel chiostro di San Domenico, “Novecento ed oltre” un percorso di compositori che si chiamano Schulhoff, Kagel, per non dire poi Mahler, Schönberg, e di nuovo Stravinskij ed il giovanissimo Francesco Cilluffo, torinese, allievo di Gelmetti. Inoltre l’opera-gioco per bambini “Costruiamo una città” di Hindenith.
In chiusura di programma gli esiti del workshop per il vivaio del Festival: qui forse farà capolino la musica di un compositore pugliese, il grande assente del programma, finora, nonostante la tradizione.
In conclusione, l’assegnazione del premio Rodolfo Celletti. Prevista la solita cornice di mondanità che rende il Valle d’Itria un appuntamento irrinunciabile dell’estate.

di Anita PRETI - Quotidiano di Puglia

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