{affiliatetextads 1,,_plugin}Sul banco d’accusa c’è la societa’ che con le grandi trasformazioni socio-culturali degli ultimi secoli, da una società agricola hanno condotto alla società industriale e post industriale, hanno prodotto diversi e vari cambiamenti nella politica, nell’economia, nella giustizia, nella sanità. Cambiamenti che a loro volta hanno portato alla modifica dello stile di vita, delle regole, dei ruoli, dei compiti e responsabilità svolti dall’uomo ed in particolare dalla donna nella famiglia che vive con difficolta’ il doppio ruolo di madre e lavoratrice, causando nei nascituri forme di stanchezza ed esaurimento che si manifestano con disturbi che interessano sin dai primi mesi di vita, con l’alimentazione ed il sonno.

Ecco che ancora sono le donne protagoniste e vittime nello stesso tempo del cosiddetto “ mobbing perinatale “, ovvero l’insieme delle pressioni sociali e lavorative che spingono una donna a vivere la maternita’ in situazioni di forte stress e stanchezza. Si fanno molte ricerche sulla cosiddetta depressione post-partum, ma vi sono molte situazioni di stress precedenti alla gravidanza e prodotte da elementi esterni e di natura sociale, quali problemi economici, situazioni tese in famiglia, ansia di perdere il lavoro. Molte future madri vivono situazioni di disagio provocate dalla famiglia o dalla situazione lavorativa. Hanno difficolta’ ad affrontare la gravidanza e spesso, proprio lo stress, determina parti prematuri o comunque problemi di relazione tra la madre ed il neonato.

In tale ottica, il sottoscritto Giovanni D’AGATA, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori, ritiene prioritario rivolgere attenzione alle condizioni lavorative delle future mamme con il fine di preservare in primo luogo la dignita’, la salute e la professionalita’, ponendole al sicuro dal rischio che si possa procedere a tale pratica in loro danno.