{affiliatetextads 1,,_plugin}E’ quanto ha stabilito la Suprema Corte che, respingendo il ricorso di un lavoratore contro l’Inail per ottenere l’indennizzo per infortunio in itinere. L’uomo aveva fatto un incidente con il motorino mentre si recava dalla propria abitazione alla sede in cui lavorava. L’indennizzo gli era stato negato perché non vi era necessità da parte sua di usare un mezzo proprio, avrebbe infatti potuto prendere l’autobus che passava a breve distanza dalla sua abitazione. Il lavoratore sottolineava che l’autobus ci metteva più di 50 minuti ad arrivare, e, facendo molte ore di straordinario, era costretto a prendere il motorino per poter conciliare le esigenze lavorative con quelle della sua famiglia.

La sezione lavoro ha respinto la sua tesi difensiva, richiamando molti precedenti giurisprudenziali per cui, ai fini del riconoscimento dell’indennizzo, gli spostamenti con un mezzo proprio del lavoratore devono essere necessari, e la valutazione deve prescindere dall’esigenza di bilanciare gli interessi lavorativi con quelli familiari.

Infatti, “in materia di indennizzabilità dell'infortunio "in itinere" occorso al lavoratore che utilizzi il mezzo di trasporto privato, non possono farsi rientrare nel rischio coperto dalle garanzie previste dalla normativa sugli infortuni sul lavoro situazioni che senza rivestire carattere di necessità – perché volte a conciliare in un'ottica di bilanciamento di interessi le esigenze del lavoro con quelle familiari proprie del lavoratore – rispondano, invece, ad aspettative che, seppure legittime per accreditare condotte di vita quotidiana improntate a maggiore comodità o a minori disagi, non hanno carattere solidaristico a carico della collettività”.