{affiliatetextads 1,,_plugin}La kermesse, come spiega Pietro Amato, direttore del Museo Storico Vaticano e curatore dell'iniziativa, «non ha scopi commerciali, né di promozione di idee e di categorie di persone» ma molto più semplicemente «vuol significare un bilancio di come vanno le arti», quasi «leggere una situazione». Protagonista unico e determinante è il movimento della luce, «che le mani rivelano, operando» (da qui il suggestivo titolo assegnato all'edizione). Le opere esposte, attraverso i linguaggi di pittura, scultura, ceramica e oreficeria intendono proporsi come «manufatti della luce».

Pur prodotte in contesti sociali e culturali estremamente diversi, le opere in mostra si offrono allo spettatore come «oggetti-riferimento, punti fermi per il viaggio delle meraviglie rivelazione»: alcune ambiscono a entrare nell'immaginario personale. Altri manufatti, secondo Amato, «potranno essere rifiutati in parte o totalmente, in nome di una libertà del vedere, che si fa essa stessa oggetto di lettura, di interpretazione, di verifica». C'è il recupero del dettaglio realistico del francese David Pons (suo lo «Studio per una natura morta»), c'è il dramma dell'umano riletto dal rumeno Bogdan Ionut Mateias (nel ritratto di «Ioan», per esempio), ci sono le meditazioni sul tempo che passa dell'italiano Gennaro Orazio insieme con struggenti testimonianze di vita vissuta arrivate da Stati Uniti, Brasile e Paraguay.

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