Avetrana, un paese incredulo. Un paese che dai maggiori giornali italiani (Repubblica, Corriere, Sole 24 Ore) è etichettato come un paese in crisi, medioevale, un paese in cui la violenza famigliare è prassi, un paese in cui internet è un miraggio, i giornali non esistono e il giovane, in preda a crisi depressive non vede l'ora di scappare. Avetrana un paese in cui manca il cinema e la discoteca; "per fortuna" ha detto un prete che non perde nemmeno lui occasione per rilasciare interviste a destra e a manca.

Avetrana un paese unito ai funerali. Unito nel dolore, no di certo. Al sottoscritto è sembrato un rito sociale di espiazione e di sfogo. Quasi un modo di partecipare a un rito che usando il gergo televisivo è possibile chiamarlo anche reality, una partecipazione a quello che oramai è il tema più in voga ai grandi programmi di intrattenimento massivo quali quello condotto dalla D'Urso o dal Bruno Vespa, che con le tragedie cena la sera con annesso plastico da 20.000 euro.

Avetrana un paese esente da colpe? No. Il sottoscritto crede che il paese nella sua collettività qualche errore lo ha commesso. Innanzitutto con le dicerie dei primi giorni e con i giudizi sommari che per rispetto a chi non c'è più è bene non ripetere. Ma non è forse Avetrana lo specchio del Paese, dove tutti si sentono investigatori, conduttori televisivi, ingegneri e tutti si sentono in diritto di dire la propria e di giudicare ancor prima degli inquirenti? Pensiamo forse per davvero che nel triste pellegrinare verso il garage dell'orrore non ci fossero veramente compaesani? E degli intervistati al pozzo degli orrori la mattina successiva al ritrovamento del povero corpicino? Ci sono state strumentalizzazioni della faccenda? E' inevitabile non affrontare questo discorso. Sui social network quando si abbozzano frasi sul tema scatta l'isterico di turno, che forse conscio delle sue manie videotelevisive, non perde l'occasione per affibbiare patenti da "amante dei reality show" a chi fa notare che forse l'utilizzo della tv da parte dei politici è sensibilmente eccessiva.

Ma daltronde ad Avetrana si è ripetuto il copione che si sarebbe ripetuto in ogni paese d'Italia perchè la mancanza del rispetto del lutto è oramai una deficienza abbastanza generalizzata. Nel mondo dove anche la morte è in diretta non può essere altrimenti. Nei primi giorni non si sapeva che cosa fosse ancora successo, nessuno aveva elementi in mano per prendere decisioni sul da farsi dal punto di vista della partecipazione sociale al dramma ma ecco che dalla "rete" viene richiesta la fiaccolata, un copione preordinato e abbastanza immaturo nei tempi ordito da utenti dei famosi social network abbastanza avvezzi chiaramente allo show-business, che le associazioni avetranesi stereotipamente prendono e fanno proprio con alcune ripercussioni che con la faccenda nulla centravano (più in là magari sarò un po più preciso). Salvo poi capire che forse è stato un errore visto come si è evoluta poi la vicenda.

Ora sull'orrore è stato più o meno tutto delineato e le responsabilità, stando ai giornali sembrano abbastanza chiare. Ma restano le telecamere, telecamere che ora cominciano a diventare ingombranti anche per chi le ha utilizzate in modo abnorme.Ma dopo tutto questo ragionamento forse sconclusionato, la domanda di fondo resta ancora. Al netto della mania televisiva e della non normale attrazione per l'orrore, cari cittadini, cosa sperate di vedere domani in via Deledda?

Antonio F.