Erano dieci i punti del ricorso presentato dal governo. La Consulta ne ha respinti otto, quelli più importanti, e ne ha accolto solo due: le obiezioni relative al diritto alla difesa (competenza statale) e l’applicazione della convenzione dell’Onu sui migranti del 1990, mai ratificata dall’Italia. Il resto della legge, ossia il cuore della normativa, è salvo. Soprattutto è rimasto integro l’articolo 10, che provocò infuocate polemiche, anche oltre i confini regionali. Stiamo parlando della norma che consente agli immigrati irregolari (cosiddetti Stp: stranieri temporaneamente presenti) la scelta di un medico di base e l’assistenza farmaceutica. Sono entrambe circostanze non previste dalle disposizioni nazionali. E tuttavia, ritiene la Corte, non illegittime. Per due ragioni. Prima: spetta alla Regione stabilire la concreta organizzazione delle prestazioni da erogare. In particolare (secondo il dpr 394 del ’99, cita la Corte) «le modalità più opportune per garantire le cure» agli immigrati irregolari: con la medicina del territorio, i presìdi pubblici o privati, i poliambulatori, eccetera.

{affiliatetextads 1,,_plugin}La seconda ragione: tutte le prestazioni della Regione sono quelle comprese nella categoria delle «cure urgenti o essenziali, anche a carattere continuativo». Insomma, non si tratta di prestazioni illimitate, ma di quelle previste dalla legislazione statale. All’interno di quei paletti, la Regione può legiferare come crede. Le medesime «cure urgenti, essenziali e continuative» possono essere erogate a vantaggio dei cittadini europei comunitari «che non sono assistiti dallo Stato di provenienza». E dunque privi dei requisiti per l’iscrizione al servizio sanitario (contraddistinti dal codice Eni, europei non in regola). Secondo la Corte, la disposizione pugliese è coerente con la normativa statale (decreto legislativo 30 del 2007) che regola la materia. Salve anche le norme che garantiscono politiche di «inclusione sociale» a favore dei detenuti stranieri. Via libera anche alla disposizione che garantisce le tutele della legge ai cittadini «neocomunitari, se più favorevoli, rispetto a quelle Paese di origine». Si tratta di quegli immigrati che sono cittadini di Paesi solo di recente ammessi nella Ue. E che si presume soffrano di condizione di svantaggio socio-economico. Soddisfatti della sentenza anche i due legali che hanno difeso la Puglia: i docenti universitari Nicola Colaianni (direttore dell’avvocatura regionale) e Giuseppe Tucci.

Francesco Strippoli - Corriere della sera