Le deboli giustificazioni addotte: emergenza o inconvenienti ad alcune valvole, non ci convinsero allora, ed oggi si è accertato che gli scarichi erano un sistema illecito per disfarsi di prodotti ritenuti oggi – a ragione – rifiuti industriali.
Le sostanze rilasciate, estremamente tossiche e dannose per la salute, hanno contribuito all’inquinamento dell’atmosfera del territorio e sono il contraltare dell’inquinamento dei terreni retrostanti il petrolchimico stesso. Questo, e i morti per il CVM di infelice memoria, non possono essere il prezzo da pagare per la produzione industriale e per il diritto al lavoro.

{affiliatetextads 1,,_plugin}Il termine dei venti giorni stabilito per rientrare dal sequestro – ferme restando le responsabilità penali degli inquisiti - deve essere assolutamente rispettato e non deve diventare un alibi per giustificare la messa in cassa integrazione degli incolpevoli lavoratori, che non possono e non debbono pagare per le colpe altrui.  Legambiente non vuole la chiusura del petrolchimico, ma pretende che le lavorazioni industriali siano svolte in un clima di trasparenza, in regime di assoluta sicurezza sia per i lavoratori che per la cittadinanza, e senza scorciatoie di illegalità. Il rispetto delle regole, che a Brindisi sembra essere un optional in tanti settori, deve diventare il punto fermo da cui non si può e non si deve derogare. Legambiente continuerà nella sua opera di controllo e vigilanza affinchè siano rispettate la legalità e la tutela della popolazione.

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