Una piccola Chernobyl già c’è stata. Di Giorgio Ferrari
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Presenza di Plutonio. Le prime rilevazioni di Plutonio al suolo sono state fatte il 21 e 22 marzo a distanze comprese tra 500 e 1000 metri dalla unità 1 (presa a riferimento). La considerevole distanza unita al fatto che il Plutonio è un elemento pesante che si trova in forma di particelle solide (quindi non si libera come gas) non può che far pensare ad una esplosione violenta che ha coinvolto il combustibile. Escludendo che una tale esplosione sia avvenuta in uno dei noccioli delle unità 1;2 e 3, perché altrimenti ciò avrebbe significato la distruzione del vessel e del contenitore di calcestruzzo, non resta che individuare l’origine della diffusione del Plutonio nelle due esplosioni (15 marzo unità 4 e 21 marzo unità 3) che hanno coinvolto le piscine del combustibile irraggiato della unità 3 e 4 che contenevano rispettivamente 50 e 135 tonnellate circa di combustibile MOX cioè al Plutonio.
{affiliatetextads 1,,_plugin}E’ sconcertante che su questi due episodi cali il silenzio dei tecnici e degli “scienziati”: date le dimensioni delle piscine e pur tenendo conto della diversa quantità di combustibile presente, la piscina del reattore 4 non avrebbe potuto svuotarsi, solo per effetto del calore, prima di 10-12 giorni e quella del reattore 3 avrebbe richiesto qualche mese. Quindi non può che essersi verificata una perdita (conseguente al terremoto) nella struttura delle due piscine. Ma non c’è nessuno che voglia prendere in considerazione questa ipotesi.
In questo contesto emergono enormi responsabilità della IAEA, delle autorità giapponesi e degli altri paesi nuclearizzati. Yukiya Amano, capo dell’IAEA e giapponese, ha derubricato il ruolo del massimo organo di controllo internazionale ad una sorta di ufficio stampa della Tepco, minimizzando la gravità dell’incidente che, a distanza di tre settimane, è ben lungi dal risolversi. I governi e le autorità di sicurezza dei paesi nuclearizzati nascondono ai propri cittadini ogni informazione in proposito, comprese quelle riguardanti la nube radioattiva nonostante sia stata rilevata contaminazione significativa in Cina, Korea e Stati Uniti. La NISA (Agenzia per la sicurezza giapponese) non ha autorità alcuna sulla gestione dell’incidente quasi quanta mostra di averne il premier Naoto Kan sulla Tepco che con il suo operato ha aggravato le già tragiche conseguenze del disastro di Fukushima: ha disinformato sulle reali condizioni degli impianti dopo il terremoto; ha occultato i risultati delle misurazioni per giorni (il Plutonio e prima ancora il Bario, Cobalto, Tellurio, Tecnezio sono stati rilevati tra il 15 e il 21 marzo, ma se ne è data notizia solo il 28 marzo); ha impiegato operai delle ditte appaltatrici senza le dovute tutele (come i tre contaminati dall’acqua radioattiva che avevano ai piedi buste di plastica!); ha pompato acqua di mare nei reattori inducendo una corrosione accelerata delle guaine a causa della presenza di cloruro di sodio; ha praticato (probabilmente) lo stoccaggio addensato del combustibile in piscina senza le dovute precauzioni richieste dalla presenza di Plutonio.
{affiliatetextads 4,,_plugin}Il silenzio che la lobby nucleare sta calando su Fukushima è intollerabile. Occorre denunciare l’operato della IAEA e delle altre autorità di sicurezza; occorre incalzare le istituzioni politiche a prendere provvedimenti concreti per una revisione generale nell’impiego dell’energia nucleare e il primo atto concreto da richiedere in sede di Comunità europea è la messa al bando del combustibile MOX e quindi delle tecniche di ritrattamento volte a recuperare il plutonio che, per chi l’avesse dimenticato, contribuiscono in modo determinante alla proliferazione degli armamenti nucleari.
Giorgio Ferrari