Manduria, Avetrana e dintorni. Quell'esempio di accoglienza
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{affiliatetextads 1,,_plugin}Furono additati come un cattivo esempio, la presunta sguaiataggine tarantina fece da contraltare negativo al sobrio dolore dei bergamaschi di Brembate per la povera Yara.
In questi giorni gli abitanti di Manduria, Avetrana, Oria, Erchie, di quell'unico conglomerato urbano che si estende a cavallo tra le province di Taranto e Brindisi, si trovano in mezzo a un nuovo caso di cronaca. Sono stati «invasi» da 2.000 migranti tunisini, che presto hanno abbandonato il centro di accoglienza per riversarsi nelle campagne. E altri ne stanno per arrivare.
La reazione dei locali, gli stessi che con un filo di razzismo vennero dipinti nei mesi scorsi come zulù dei tempi moderni, è stata esemplare. Gente allenata all'accoglienza, i pugliesi di quest'area. Cominciarono con gli albanesi nel 1991, proseguirono con l'ondata kosovara (1997-99). Tante storie di solidarietà spicciola: vecchi che aprono la masseria per accogliere tunisini infreddoliti, il focoso ex missino che vuole cacciare i «niri», poi si fa prendere dalla compassione e adesso urla al megafono chiedendo il rispetto dei loro diritti. Certo, l'equilibrio è precario, può spezzarsi da un momento all'altro. Ma è lecito domandarsi in quali altri luoghi d'Italia è dato vedere le strade invase da immigrati, al punto da rendere difficoltosa la circolazione, e assistere a reazioni così civili. Loro, i «villani» di Manduria, Avetrana e dintorni, lo stanno facendo. Con naturalezza. Con umanità. Marco Imarisio - Corriere della Sera