Ebbene, come già avemmo modo di ricordarLe tre settimane or sono, l’ultimo approfondimento relativo alla situazione dei problemi della sicurezza e dell’ambiente dello stabilimento ILVA di Taranto, peraltro previsto dal protocollo sottoscritto da Regione Puglia, Organizzazioni Sindacali e ILVA, risale al 30 luglio 2008. Quindi, ad oggi, nessun incontro utile al monitoraggio dell’applicazione del protocollo in questione è più stato convocato, come concordato, presso la Prefettura di Taranto.

{affiliatetextads 1,,_plugin} Val la pena ricordare che nell’ultimo approfondimento stilato dall’Assessorato Regionale all’Ecologia e all’Ambiente, venivano rilevati una serie di ritardi su interventi che si sarebbero, invece, dovuti tempestivamente realizzare. Nello specifico, interventi nell’area cokerie, nell’area altoforno, nell’area stoccaggi e manipolazione materiali solidi, nell’area parco minerali.

Inoltre siamo ancora all’anno zero per quanto riguarda la bonifica di 115 kmq di territorio e rimane sempre da verificare il livello sin qui raggiunto per quanto attiene le bonifiche da amianto.

A seguito del Parere fin troppo “buonista” della Commissione IPPC (Integrated Pollution Prevention and Control) del Ministero dell’Ambiente, si registrano, numeri alla mano, evidenti mancanze nelle restrizioni sulle emissioni da parte dello stabilimento del capoluogo jonico. Il nuovo limite di emissioni di polveri dai vecchi camini degli altoforni, stabilito nel Parere della Commissione, è di 40 mg/m3, mentre l’Ilva ne ha dichiarati variabili da un minimo di 17,7 mg/m3 a 30,3 mg/m3. Lo stesso dicasi per le emissioni di polveri dai nuovi camini degli altoforni per i quali l’Ilva dichiara un valore atteso di 10 mg/m3, mentre nel Parere il limite consentito è di 20 mg/m3.

Qualora dovesse essere approvata, la nuova Autorizzazione Integrata Ambientale permetterà un aumento di produzione di acciaio (e, quindi, delle sostanze inquinanti) da 9 milioni di tonnellate a 15 milioni. Nelle cokerie sono previsti l’aumento delle polveri (da 822 a 1267 tonnellate all’anno), del benzene (da 13 a 15 milioni di tonnellate), dell’anidride solforosa (da 2160 a 6343 tonnellate), del biossido d’azoto (da 2200 a quasi 5000 tonnellate). Anche per l’impianto di agglomerazione, sono previsti aumenti di emissione quasi del doppio rispetto al 2005 per polveri, anidride solforosa e ossidi di azoto.

Inoltre, per moltissime sostanze inquinanti, quali Policlorobifenili, Idrocarburi Policiclici Aromatici, Alluminio, Arsenico, Berillio, Cadmio, Cobalto, Cromo, Cromo Esavalente, Rame, Ferro, Mercurio, Nichel, Piombo, Selenio, Tellurio, Tallio, Zinco e relativi composti, siano stati introdotti solamente dei parametri “conoscitivi” al posto di introdurre dei valori limite di emissione di flusso di massa, così come previsto dal Testo Unico Ambientale.

Del resto, basta sfogliare i quotidiani di questi giorni per accorgersi di come la situazione stia lentamente precipitando, a scapito, come al solito, degli incolpevoli cittadini pugliesi. Quando è costretta a intervenire la giustizia, come accaduto per le indagini riguardanti le tante, comunque troppe morti di tumore causate dai veleni prodotti dalla lavorazione dei materiali nello stabilimento tarantino, significa che siamo di fronte a un fallimento generale, nel quale nessuno può chiamarsi fuori e tutti sono chiamati ad assumersi le proprie, pesanti responsabilità. Le buone intenzioni non bastano più. I tarantini, i pugliesi chiedono risposte e fatti concreti.

Cordiali saluti.

                                                                                  Aldo Pugliese

Segretario Generale UIL di Puglia e di Bari