Istat: gli italiani stretti nella morsa della crisi tra tagli fiscali e inflazione
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L’inflazione di fondo, calcolata al netto dei beni energetici e degli alimentari freschi, sale al 2,1%, con un’accelerazione di tre decimi di punto percentuale rispetto a maggio (+1,8%).
Al netto dei soli beni energetici, il tasso di crescita tendenziale dell’indice dei prezzi al consumo sale al 2,2% dal 2,1% di maggio.
La crescita tendenziale dei prezzi dei beni è stabile al 3,0%, mentre quella dei prezzi dei servizi sale al 2,6% dal 2,3% del mese precedente. Come conseguenza di tali andamenti, il differenziale inflazionistico tra beni e servizi diminuisce di tre decimi di punto rispetto al mese di maggio.
La principale spinta all’aumento dell’indice generale a giugno deriva dal rialzo congiunturale dell’1,1% dei prezzi dei Servizi relativi ai trasporti, che determina una netta accelerazione del loro tasso tendenziale di crescita (5,2%, dal 4,2% di maggio). Un impatto significativo deriva anche dagli aumenti su base mensile dei prezzi dei Servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona, in larga parte legato a fattori stagionali, e dei prezzi degli Alimentari lavorati (per entrambi +0,4%). Effetti di contenimento, invece, si devono al calo congiunturale dei prezzi degli Energetici non regolamentati (-1,4%), degli Alimentari non lavorati (-0,3%) e dei Beni durevoli (-0,2%).
I prezzi dei prodotti acquistati con maggiore frequenza diminuiscono dello 0,1% su base mensile e si stabilizzano al 3,5% su base annua. Un rialzo congiunturale dello 0,3% si rileva per i prezzi dei prodotti a media frequenza di acquisto che crescono del 2,7% rispetto a giugno 2010.
L’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) aumenta dello 0,1% su base congiunturale e del 3,0% su base annua (lo stesso valore registrato a maggio). Anche in questo caso si conferma la stima preliminare.
L’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI), al netto dei tabacchi, aumenta dello 0,1% su base mensile e del 2,7% rispetto a giugno 2010.
L’effetto collaterale di questo approccio è però il progressivo impoverimento della parte di popolazione i cui redditi non si adeguano all’inflazione, in un paese che già oggi è al massimo storico di partecipazione al programma dei food stamps: 43 milioni di persone, il 14 per cento del totale. Date le premesse, per Eurolandia non si prevedono tempi facili: spingere sul rialzo dei tassi soffocherebbe la ripresa, accentuando peraltro il dualismo tra il centro tedesco e l’indebitata periferia. Al momento, un primo effetto restrittivo si sta già ottenendo attraverso la rivalutazione dell’euro sul dollaro, perché il mercato valutario premia la divisa che alza il costo del denaro.
Uno scenario drammatico, secondo Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, quello tratteggiato dall’Istat, che dati alla mano sottolinea come l’inflazione sale per la dinamica dei prezzi internazionali ma anche a causa di mercati domestici (soprattutto nei servizi) scarsamente competitivi e di un sistema di tariffe amministrate che da sempre sono nostri focolai d’inflazione. La perdita di potere d’acquisto deprimerà ulteriormente i consumi, già cronicamente esangui per le condizioni di estrema debolezza del mercato del lavoro. I nostri conti pubblici, estremamente vulnerabili a causa della nostra persistente assenza di crescita, sono destinati ad andare rapidamente fuori linea. Questo è il pedaggio che si paga ad una realtà in cui il nostro paese resta solvibile solo attraverso continue strette fiscali, ed alla truffa intellettuale che vuole che noi ne usciremo meglio di altri, anche perché abbiamo un elevato risparmio privato. Ancora per poco, data la situazione.