{affiliatetextads 1,,_plugin}Il punto è che per la prima volta in Italia è stata approvata una legge che intende fare da apripista alle altre Regioni, fa appello al “pieno rispetto dei principi di sussidiarietà, ragionevolezza, leale collaborazione tra Stato e Regione” in una materia concorrente e che, fondamentalmente, è stata predisposta in modo (l’Ufficio legislativo del Consiglio ha modificato radicalmente l’impianto del testo della commissione) da non essere impugnata, come successo per le norme di altre Regioni bocciate dalla Consulta.

La legge urgente eredita il no della Puglia ai siti nucleari espresso dal Consiglio nel 1985 e allarga il consenso rispetto all’odg del Pd votato a maggioranza il 26 maggio. Ma si contrappone alle dichiarazioni del presidente del Senato Schifani che, a 20 anni dal referendum che sancì l’abbandono del nucleare, considera il ritorno ‘’ineludibile e necessario’’ e invita ad aperture ‘’con spirito costruttivo e innovativo”.

Da un convegno al Senato ieri ha detto che “i tempi sono cambiati’’ e la tecnologia renderebbe ‘’impossibile una seconda Cernobyl’’. Ha addotto motivi internazionali, “fra i componenti del G8, siamo gli unici a non averlo‘’, ed economici: “Il paese dipende per l’80% da combustibili fossili e fonti costose come gas naturale e petrolio e la domanda continua a crescere. Gli italiani pagano una bolletta 3 volte superiore a quella dei francesi, che hanno optato da anni per il nucleare che copre l’80% del fabbisogno.

La strategia nazionale e’ “ridurre la dipendenza energetica dall’estero’’ mantenendo garanzie sulla sicurezza, su cui dovranno vigilare ‘’organi di garanzia composti da tecnici altamente specializzati e dotati di rigoroso potere di controllo’’. In questo modo ‘’nessuna demonizzazione, nessun facile allarmismo potra’ accompagnare il ritorno al nucleare’’.

In Consiglio il voto è stato uguale per tutti gli schieramenti ma i distinguo sono arrivati nelle dichiarazioni di voto: “L’aula – ha detto Palese, Pdl – ha approvato una legge che sancisce la linea del governo Berlusconi, confermata da Scajola a Bari. La formulazione iniziale (Puglia denuclearizzata) era demagogica e inutile prevedendo un no ideologico e assoluto.

Le ‘Disposizioni in materia di energia nucleare’ invece, sanciscono il principio del necessario e indispensabile confronto tra Stato e Regione”. Per Maniglio, Pd e primo firmatario della legge, "la buona politica scrive una pagina importante: un bel no chiaro e forte a qualsiasi impianto nucleare in Puglia".

Questa legge nasce da una scelta di fondo del Pd: il nucleare di terza generazione non è proponibile, sia per i rischi che per l’irrisolto problema delle scorie. E’ di questi giorni la notizia che la Francia ha costruito un sito per le scorie a 500 metri di profondità, spendendo oltre 60 miliardi, l’equivalente del debito pubblico dell’Italia”. Per Losappio, assessore al Lavoro e prima all’Ecologia, “ci mettiamo riparo dalla pessima Legge Sviluppo che riduce le Regioni al mero ruolo consultivo”.

Barbara Minafra da quotidianopuglia.it