Ben presto il nido è divenuto un “affare”(di cuore) di tutti. Nel corso dell’estate i cittadini e i turisti si sono regolarmente informati sullo stato delle uova, assidui, partecipi, attenti come veri e propri “zii”.

Il nido di Torre Lapillo ( quarto caso documentato sulle coste salentine e secondo sulla costa ionica) ha confermato ciò che gli esperti sospettavano da tempo: la tartaruga marina, più precisamente la Caretta caretta, seppur con una frequenza inferiore a quella dei siti del Mediterraneo sud orientale, nidifica con regolarità sulle spiagge del Salento. Purtroppo la forte antropizzazione degli habitat idonei e la riduzione delle spiagge hanno portato ad una minore frequenza di nidificazione. Anche per questo motivo individuare un nido di tartaruga marina, in assenza di un piano efficace di monitoraggio delle costa, risulta difficile e richiede la costante collaborazione dei cittadini, nonché la tutela dei nidi identificati.

E’ opportuno ricordare che la Caretta caretta è una specie a rischio di estinzione e come tale è riportata nell’allegato I della Convenzione di Washington. Tale convenzione ha lo scopo di regolamentare (nel caso della Caretta caretta vietandolo) il commercio di alcune specie animali e vegetali al fine di tutelarle, dato che la compravendita, insieme alla scomparsa degli habitat, è la minaccia principale alla loro sopravvivenza.

L’Area marina protetta di Porto Cesareo ha incaricato i tecnici del Centro recupero tartarughe marine dell’Osservatorio faunistico della Provincia di Lecce - Rete TartaSalento e del Centro recupero tartarughe marine di Rauccio del monitoraggio scientifico del nido, mentre la vigilanza del nido è stata realizzata dalla stessa Area marina in collaborazione con l’Osservatorio faunistico, il Parco di Rauccio, Legambiente e il CO.G.E.A.V..

Dal giorno successivo alla ovodeposizione sono state monitorare le temperature di incubazione allo scopo di accertare che le condizioni ambientali fossero idonee a garantire lo sviluppo degli embrioni. A differenza dei mammiferi, infatti, la crescita dei feti nei rettili è condizionata dai fattori ambientali. Quella che la tartaruga crea, scavando prima e ricoprendo di sabbia poi, è una vera e propria incubatrice, il corrispettivo del “ventre materno”.

La prima tartaruga è emersa dalla sabbia nella notte tra il 19 e il 20 settembre all’1.25 circa, di seguito ne sono nate altre 19 e poi altre tre nella notte tra il 20 e il 21 settembre, nel momento in cui scriviamo la schiusa è ancora in corso e si spera che ci siano altre nascite nelle prossime ore.

Una volta nati, i giovani hatchling (neonati di tartaruga n.d.r.) sono stati posti sotto osservazione per qualche istante allo scopo di appurarne lo stato di salute, quindi si è proceduto alla registrazione dei dati biometrici e altre informazioni inerenti la schiusa che saranno fondamentali per lo studio della specie e la sua salvaguardia.

Terminata questa breve fase di studio i piccoli sono stati posti sulla sabbia affinchè potessero raggiungere il mare autonomamente. Questo è un momento delicatissimo e della massima importanza perché è in tale frangente che le giovanissime tartarughe registrano tutte quelle informazioni che dopo 20-25 anni permetteranno loro di tornare sulla stessa spiaggia a deporre le uova. Questo “ritorno alle origini” è un comportamento tipico delle specie migratorie come la Caretta caretta e fa sì che gli animali depongano le uova sulla spiaggia in cui sono nati.

Perciò occhi aperti, passeggiando sulle spiagge a luglio potreste incontrare un tartaruga marina intenta a deporre le uova!

In tal caso vi chiediamo di contattare tempestivamente la Capitaneria di Porto al 1530, numero verde attivo 24 ore su 24, e proteggere l’area in questione dal calpestio.

Per ora, la schiusa continua … speriamo che siano femmine!