Il maggiore uso di energie rinnovabili, nucleare e efficienza energetica non sono stati sufficienti a soddisfare una maggiore domanda globale di elettricità e trasporti, soprattutto nei paesi in via di sviluppo.La recessione e il crollo del blocco sovietico hanno aiutato i paesi a ridurre le proprie emissioni complessive di gas serra negli ultimi due anni, e dovrebbe quindi raggiungere il loro obiettivo comune del protocollo di Kyoto, che corrisponde ad una riduzione del 5,2% delle emissioni entro il 2012.

Costante la crescita economica di paesi come Cina e India, insieme alla ripresa economica in Europa e Nord America, ha contribuito ad un aumento record del 5,8% delle emissioni globali di CO2 tra il 2009 e il 2010.Questi dati sottolineano l'importanza di negoziati informali per cercare di trovare un accordo successivo al Protocollo di Kyoto sui cambiamenti climatici vertice che si terrà a Durban in novembre e dicembre.Tuttavia, le emissioni della maggior parte delle principali economie hanno aumentato in modo significativo durante questo stesso periodo.

In confronto, le emissioni di CO2 pro capite all'anno in Cina ammontano a 6,8 tonnellate, è ancora inferiore alla media UE, ma ora tanto quanto l'Italia.Nel nostro paese il primo record per le  emissioni di CO2 se l'è aggiudicato la città di Brindisi. La centrale a carbone dell'Enel “Federico II”  è il primo impianto in Italia per emissioni di gas serra, con i suoi 15 milioni di tonnellate di Co2 l'anno. Oggi uno studio condotto dall'Istituto di Fisiologia Clinica del CNR di Lecce e Pisa presso il reparto di Neonatologia dell'Ospedale “A. Perrino” e della ASL di Brindisi, rivela un altro triste record: quello dei neonati affetti da gravi anomalie congenite.

Tra il 2001 e il 2009, su 7664 neonati, 176 erano affetti da gravi malformazioni. Un dato che supera del 18% quello registrato nel resto d'Europa. Del 67% quello per le anomalie cardiovascolari. Un dato solo parziale, poiché riguardante i neonati, coloro cioè che ce l'hanno fatta a venire alla luce e che non include quindi quelle gravidanze interrotte proprio a causa delle anomalie cardiache complesse che colpiscono i feti prima della nascita. Che sono ben il 50%, secondo il dirigente di neonatologia di Brindisi Enrico Rosati, responsabile dell’Unità semplice di cardiologia fetale e neonatale.