“Altro che 160 licenziamenti – tuona Pugliese – qui l’unico licenziamento dovrebbe essere quello della stessa Tct, per evidente violazione del contratto cinquantennale di gestione nel quale si comprometteva a mettere in campo investimenti per lo sviluppo e la competitività del porto ionico. Le tante compagnie che sono fuggite da Taranto dimostrano, invece, che nulla è stato fatto. Alla fine dello scorso anno – rincara la dose il Segretario della UIL regionale - si realizzò un accordo che, tra le altre cose, stabiliva che la Tct mettesse in sicurezza le banchine del molo al fine di permettere i dragaggi, per i quali sono disponibili 80 milioni che ora rischiano di andare perduti. Eppure era stata la stessa Tct, negli anni scorsi, a mettere in evidenza come l’assenza di dragaggi significasse andare incontro al blocco dell’attività.

Ma c’è di più: oltre al finanziamento per il dragaggio c’è la seria possibilità di depauperare anche quello del Cipe per le opere portuali (piattaforma logistica e diga foranea in testa). Una valanga di vane promesse che stanno spingendo uno scalo strategico a livello europeo, qual è Taranto, verso il baratro”.

Come dire: i 160 licenziamenti sono solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso. “Già lo scorso anno – ricorda Pugliese – la Delta 1, azienda nell’orbita Tct, aveva provveduto alla messa in mobilità di 70 lavoratori, a cui si aggiungono i 50 del mancato turnover della Tct. Insomma, una simile gestione di un patrimonio fondamentale dell’economia pugliese non deve essere più consentita”.

Intanto, mentre a Taranto si cincischia, altrove si viaggia a 100 all’ora. Tutto terreno perso che sarà estremamente complicato recuperare. “Si pensi – scende nel dettaglio Pugliese - ai cospicui interventi di Uicredit a Trieste, ai collegamenti tra Genova e Rotterdam e l’Europa Centrale, alla crescita costante dei porti spagnoli e nordafricani. O si cambia registro o si rischia seriamente di chiudere i battenti”.