Una comunità regionale, che pochi giorni fa si è espressa in piazza all’unisono per la difesa di un modello di sviluppo profondamente diverso e alternativo,avrebbe trovato già inaccettabile ascoltare queste parole se a pronunciarle fosse stato il Ministro dello Sviluppo economico. Averle ascoltate dall’attuale Ministro all’Ambiente rende quell’esperienza pesante come un macigno e semplicemente inaccettabile.

Sulle manifestazioni della comunità pugliese, supportata da quella adriatica e lucana, che il 21 gennaio a Monopoli ha manifestato contro i permessi già concessi e non di ricerca ed estrazione idrocarburi in mare, il Ministro ha affermato inoltre che “la popolazione pugliese ha protestato temendo che ci fosse un allentamento delle misure di salvaguardia che non c'è stato e dunque la risposta del governo è stata molto chiara e netta. La norma che avrebbe ridotto le clausole di salvaguardia in materia di trivellazioni a mare non è uscita, ma non perché prevalga una preoccupazione di salvaguardia; teoricamente le tecnologie di trivellazione potrebbero assicurare la salvaguardia”.

Il Ministro Clini dovrebbe sapere bene che la popolazione pugliese non è scesa in piazza perché ha temuto un allentamento delle misure di salvaguardia, peraltro inesistenti, ma ha ribadito per l’ennesima volta il proprio No fermo e risoluto a prospezioni e coltivazioni di idrocarburi nei fondali dei suoi mari, con tutto ciò che ne consegue, a qualsiasi distanza dalla costa.

La Regione Puglia ha già scelto da anni in che direzione puntare per il proprio sviluppo economico ed energetico, sostenendo e promuovendo le fonti di energia rinnovabili rispetto a quelle fossili per una crescita economica sostenibile ed ecocompatibile con le bellezze naturalistiche e paesaggistiche del proprio territorio.

Conservando alcuni siti destinati alla produzione energetica tradizionale, riducendone inquinamento ed emissioni tossiche, e puntando sul fotovoltaico e sull’eolico non selvaggio, oggi la Puglia produce già ben più del proprio fabbisogno energetico.

Col passare del tempo serviranno a poco le Osservazioni di Regione, Enti locali, Comitati, Associazioni e singoli cittadini, come le stesse battaglie legali. Sono tutte misure difensive insufficienti se poi il Governo continua a concedere i permessi autorizzativi alle società petrolifere. Ogni volta è una lotta estenuante contro il tempo, che non può continuare all’infinito.

Il fronte del No al Petrolio non è circoscritto alla sola Puglia ma riguarda anche le altre Regioni, coinvolgendo ovunque il mondo dell’associazionismo e quello politico-istituzionale.

L’invito pressante, dunque, è che si accordi l’attuale legislazione nazionale con quanto chiesto da società civile e istituzioni regionali. Si renda il parere delle Regioni obbligatorio e vincolante, anche relativamente ad autorizzazioni già rilasciate. Si blocchino gli iter autorizzativi in corso e vengano abrogati i permessi già concessi, consentendo esclusivamente l’esaurimento degli impianti di estrazione funzionanti. Al fine di contenere i danni di tali impianti, ma più in generale a difesa di tutte le aree inquinate del Paese, si abbassino i limiti minimi sullo sversamento di sostanze inquinanti nell’ambiente per adeguarli agli standard europei e dell’OMS, spesso centinaia di volte inferiori. Si aumentino le cosiddette royalties sulle estrazioni in corso, adeguando anch’esse alle medie europee.

L’intera popolazione pugliese, dalle istituzioni alle associazioni, ai comitati, ai singoli cittadini, ribadisce il suo fermo e deciso NO alle piattaforme petrolifere in Puglia non per pura ideologia ma per un calcolo palese dei benefici collettivi irrisori rispetto ai danni sull’intero ecosistema. Prioritario è il dovere di tutelare la salute dei cittadini e l’ambiente che li circonda.

Silvia Russo

Portavoce Comitato “No Petrolio, Si Energie Rinnovabili”