Km zero, sostenibilità, cultura: la pesca artigianale alleata delle aree marine protette contro la crisi del Mediterraneo
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Nelle aree marine protette del Mediterraneo le soluzioni contro la crisi della pesca (crollo degli stock ittici quasi del 90%) sono già in atto e sono tutte in piena sintonia con la sostenibilità: nella Riserva di Torre Guaceto, ad esempio, si è triplicata la pesca sfruttando gli ‘interessi’ del capitale di pesca protetto dall’area pugliese, a Port Cros, la prima area marina protetta creata nel Mediterraneo nel lontano 1963, si sperimenta con successo da anni la pescaturismo e sempre in Francia a Cap d’Adge gestori del parco e pescatori hanno avviato progetti di recupero della fauna ittica, creato un primo stoccaggio di molluschi in maniera da sfruttare al meglio le opportunità del mercato e promosso Mostre per il pubblico.
A Cabrera in Spagna i pescatori sono diventati le vere sentinelle dell’area protetta contro la pesca illegale mentre a Portofino il nucleo di anziani pescatori, appena 50, hanno permesso la creazione del primo marchio UE di prodotti di mare, le tipiche acciughe sotto sale del Mar Ligure e un Presidio Slow Food. In quasi tutte le aree i pescatori hanno il permesso, con varie soluzioni, di svolgere la loro attività nelle zone protette con grande beneficio per entrambe le parti. Inoltre, i pescatori artigianali applicano alla perfezione il principio del Kmzero dato che il loro prodotto viene pescato in prossimità di dove si consuma. L’identità culturale rappresentata dai piccoli borghi dei pescatori, la diffusione della tradizione e della cultura di questo antico mestiere sono i valori aggiunti sempre più ricercati dalla comunità.
La piccola pesca costiera non è il segmento più importante della pesca europea in termini di catture, ma è quello che riguarda il maggior numero di pescatori e di barche da pesca: circa 65.000 imbarcazioni, cioè, tre quarti delle barche da pesca incluse nel registro della flotta europea, di cui la maggior parte sono proprio nel Mediterraneo (fonte IREPA).
La pesca artigianale impiega il 50% dei pescatori italiani, circa 14.000 persone con un giro di affari di circa 276 milioni di euro all’anno in termini di ricavi. Ma le risorse hanno subito un forte declino, il 29% in meno di pescato annuale con una riduzione del reddito del 19%. Infine l’incremento delle spese dei carburanti, del 18% in 6 anni, ha inciso sull’economia della pesca artigianale.
I pescatori artigianali rischiano così di scomparire dato che il Mediterraneo è attraversato da grandi imbarcazioni per la pesca industriale, c’è molta pesca illegale e una diffusissima pescacosiddetta sportiva svolta dai privati completamente fuori controllo, spesso attrezzata con tecnologie sofisticate creando così verso i pescatori artigianali una competizione sleale sul mercato dato che il pesce viene anche venduto sottobanco ai ristoranti ‘esentasse’. Eppure, nonostante i sostanziosi sussidi da parte dei Governi e dell’Unione Europea, la pesca industriale non è conveniente per la comunità: impiega molte meno persone della pesca tradizionale, consuma molto più carburante, spreca risorse a causa dell’enorme scarto di pesce e i vantaggi sono solo per le poche compagnie proprietarie.
Le ricette di sostenibilità rischiano dunque di fallire e dal Meeting il messaggio che viene lanciato è molto chiaro: dopo anni di sussidi è importante poter dare una mano ad una forma di pesca che negli anni ha dimostrato di poter andare a braccetto con la gestione di aree protette. “E’ importante che la nostra voce arrivi forte i politici di Bruxelles, così che possano tenere conto del nostro punto di vista prima di decidere sulla Riforma Europea della pesca”, ha dichiarato durante il Meeting Eric Villani, pescatore artigianale corso.
SCHEDA INFORMATIVA:
LE AREE MARINE PROTETTE
- In Italia – 30 Aree Marine protette istituite. Ancora poche quelle che si sono dotate di un regolamento di gestione. In totale circa 190.000 ettari di mare oltre a 10.000.000 ettari del Santuario dei Cetacei del Mar Ligure
- Nel Mediterraneo: sono circa 100, le aree che nel bacino sono poste sotto varie forme di tutela e gestione
LA PESCA ARTIGIANALE
La pesca artigianale si distingue da quella industriale per diversi fattori:
- La lunghezza totale dei sistemi di pesca non supera i 12 metri complessivi
- Utilizza prevalentemente attrezzi ‘passivi’
- L’attività è spesso a conduzione familiare/artigianale
Inoltre la pesca artigianale ha contribuito e contribuisce ancora a rafforzare il valore identitario dei luoghi (borghi dei pescatori) e i pescatori stessi sono spesso vettori della cultura popolare.
QUELLO CHE LA PICCOLA PESCA NON E’:
Sebbene ogni forma di prelievo di risorse provochi un impatto sull’ambiente, la pesca artigianale, o piccola pesca, si distingue da altre forme eccessive, distruttive, illegali, con reti fantasma, ovvero, lenze o reti abbandonate sui fondali o in mare aperto che per anni continuano a catturare passivamente pesci di ogni tipo, o quelle fluttuanti che intrappolano specie protette come tartarughe e cetacei; non è industriale, né ricreativa. E’ l’unica forma di pesca che tenta in maniera attiva di perseguire la via della sostenibilità, ma è sotto attacco della pesca industriale, illegale e pseudosportiva come anche del mercato globalizzato.