Il discorso del Presidente Vendola all'inaugurazione della Fiera del Levante
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Il Sud, in tanta immaginazione mediatica e ormai in tanta parte dell’opinione pubblica nazionale, appare come una minaccia o come un danno o come un peso: non un territorio ricco di articolazioni e differenze interne, non una storia lunga e larga di genti e di borghi che con stenti e fatica seppero vestire la vita nuda di dignità e di virtù, non il cuore di quell’Europa mediterranea che già dalle feritoie del castello ottagonale di Federico II scrutava orizzonti di conoscenza e di bellezza, nulla di tutto questo, bensì il Sud come metafora rinsecchita e livida del degrado e del regresso. Abbiamo camminato tanto – noi meridionali dei molteplici meridioni d’Italia – eppure siamo prigionieri della fissità retorica del racconto altrui, di noi dicono che viviamo sulle spalle degli altri, che siamo irrimediabilmente legati al palo delle nostre malefatte, che siamo il solito incorreggibile e dissipatore Sud, la patria lussuriosa e indolente del Gattopardo. Non è solo un racconto cattivo, è soprattutto un racconto interessato. Interessato a timbrare ideologicamente l’avvio della riforma federalista, a farne non la traccia di una più matura unità del Paese ma una sorta di rendiconto rancoroso che quelli di su presentano a quelli di giù, a proiettarla come una secessione lenta e fatale, come il trionfo della tribù sulla patria, come la rottura dei vincoli di solidarietà e la caduta rovinosa dell’universalismo dei diritti.
Eppure in questo nostro Mezzogiorno caleidoscopico e vitale, al di là dei tanti abusati stereotipi, ci sono depositi preziosi di eccellenze in ogni campo, dalla produzione industriale alla creazione artistica, e non ci aiuta né ci stimola il pregiudizio o l’anatema. Di questa nostra comunità allargata, e cioè venti milioni di italiani collocati in un crocevia dove tutti i punti cardinali si mescolano e si confondono, noi dobbiamo vedere le luci e le ombre, noi dobbiamo dire il fascino e il genio ma anche, quando e laddove appaia, l’orrore e l’indecenza: e dobbiamo farlo noi in prima persona, se vogliamo esser capaci di riannodare i fili di quel meridionalismo democratico che non fu mai un “partito del sud” o un leghismo capovolto, che non fu piagnisteo sociologico o folclore etnologico, ma rigore intellettuale e passione civile di chi diagnosticava le radici sociali di antiche e moderne patologie; di chi, pur mentre radiografava il male, si sforzava di piantare il seme di quella “riforma intellettuale e morale” che dovrà diventare (lo dico con disperato ottimismo) la fondazione di un nuovo Sud e di una nuova Italia.
La Puglia, signor Ministro, non si propone come una periferia petulante e questuante. I nostri avi, pure incurvati dalla fatica del lavoro rurale, ci hanno insegnato a tener la schiena dritta. Noi siamo una regione di successo in tante discipline, alcune delle quali abbiamo imparato a maneggiare nel tempo di un cambio di stagione. La crescita certificata e costante del turismo ha percentuali strabilianti in tempi di crisi così dura: siamo riusciti a inventare una politica mirata sulla poliedricità magica delle Puglie, abbiamo mirato con coraggio alla destagionalizzazione, abbiamo investito su un network di voli e di scali che ha visto una lievitazione del traffico passeggeri fino a superare il 20% a Bari e il 13% a Brindisi, i nostri porti hanno smesso di farsi, l’un contro l’altro armati, una demenziale e distruttiva concorrenza e hanno cominciato a funzionare come sistema portuale integrato e Bari è tornata ad avere il porto più trafficato dell’Adriatico, abbiamo investito centinaia di milioni di euro nel rinnovo del materiale rotabile e ora cominciamo ad avere treni che non sono scatole per sardine, in alcuni casi treni attesi da quarant’anni come il Lucera-Foggia; in altri casi abbiamo tagliato nastri di storia e di civiltà, come quello della metropolitana che nella città capoluogo rompe la solitudine e l’abbandono della sua più famosa periferia, cioè il San Paolo.
Abbiamo investito poderosamente sulla qualità, sulla cultura, sull’innovazione, sul talento delle giovani generazioni: spesso abbiamo messo risorse per colmare tagli governativi, come per le ingenti risorse finanziarie che abbiamo messo a disposizione del nostro sistema universitario o come per i 22 milioni che dedichiamo alla scuola primaria, per salvare circa 1.500 lavoratori precari e trasformarli in un esercito che operi nei territori del disagio sociale e della dispersione scolastica, laddove dobbiamo far vivere il diritto all’apprendimento, il diritto al sapere come cruciale diritto di cittadinanza. Bollenti spiriti, contratto etico, ritorno al futuro, principi attivi: sono i nomi di programmi che hanno dato speranza a tanti ragazzi e ragazze di Puglia, con cui abbiamo finanziato master di alta specializzazione, costruzione di laboratori urbani di cultura e comunicazione, reti orizzontali di innovazione. A Roma si tagliava il Fondo per lo spettacolo e noi abbiamo aumentato l’impegno a sostenere il teatro, la prosa, la lirica, la danza, la musica.
Tornando ad investire in riappropriazione, recupero, rifunzionalizzazione, ristrutturazione o restauro di pezzi del nostro patrimonio artistico, storico, archeologico, paesistico, naturalistico. Il cinema è venuto in Puglia, non solo come andirivieni di troupe cinematografiche accolte e aiutate dalla nostra Apulia Film Commission, ma come incubazione di nuove attività produttive, come officina di nuovi lavori: e nelle prossime settimane inaugureremo il cine-porto di Bari e quello di Lecce mentre abbiamo finanziato la nascita del Polo del cinema digitale. In questa caldissima estate abbiamo spento, senza che nessuno se ne accorgesse, 3.700 incendi boschivi, abbiamo vinto il primo premio di Legambiente per le migliori pratiche di protezione dal fuoco, e abbiamo visto all’opera cià che solo due anni fa era, per me, ancora un sogno che doveva scalare montagne di inerzia burocratica e decenni di incuria: una moderna protezione civile, attrezzata tecnologicamente di ciò che consente il controllo e la prevenzione, una sala operativa che è un modello di coordinamento interforze, un lavoro sistematico e inedito di formazione, addestramento, coordinamento delle nostre realtà meravigliose di associazioni di volontariato. E anche questa estate abbiamo, un po’ controcorrente, lavorato per accogliere i lavoratori migranti così come si devono accogliere dei fratelli: fornendo loro, nelle campagne di capitanata, acqua potabile, servizi igienici, ambulatori medici, insomma quei diritti minimi che sono insidiati dalla mala-economia e dalla malavita: e se da un lato c’è la legge dei caporali e del caporalato, dall’altro c’è la nostra legge regionale contro il lavoro nero premiata in Europa come migliore esempio continentale di strumentazione utile a guadagnare diritti laddove spesso domina la barbarie. E i nostri medici, sia detto senza polemica, a un bimbo straniero che è anche un bimbo malato non chiederanno i documenti.
La Puglia ha imparato nel corso nel secoli a sentirsi parte del mondo, valico intelligente e solidale, e cerca oggi di essere accogliente per le persone e respingente per i traffici criminali: qui con la Guardia di Finanza abbiamo da anni rodato un protocollo operativo, con importanti finanziamenti regionali, che ci ha consentito di conseguire risultati decisivi per esempio nel contrasto al traffico di rifiuti speciali provenienti dai Balcani, o più in generale nel campo dei reati economici. Col Noe dei Carabinieri, con le diverse autorità anti-crimine, abbiamo costruito sinergie per la repressione dei reati ambientali. Ma abbiamo in positivo lavorato per la sottrazione alla speculazione di aree importanti del nostro territorio, abbiamo istituito 15 parchi, abbiamo avanzato progetti di bonifiche integrali di aree inquinate di interesse nazionale come Brindisi e Taranto. Abbiamo fatto vivere ciò che prima era un simulacro, cioè l’Arpa. E se il primo atto del mio governo era stato, con la messa in sicurezza del sito ex Fibronit a Bari, una battaglia vinta contro l’amianto, l’esperienza più significativa della mia vita amministrativa è sicuramente il varo della legge regionale contro la diossina: la più avanzata d’Italia, forse d’Europa, una legge scritta dal dolore di una intera città, Taranto, e partorita insieme ai figli dei lavoratori dell’Ilva. Una legge per dire che il diritto al lavoro e il diritto alla salute possono incrociare i propri passi per fare un cammino comune. E noi, signor ministro, non siamo stati il partito del No.
Abbiamo detto si alle energie rinnovabili, diventando i primi produttori nazionali di energia eolica e di energia solare. E stiamo ora studiando un progetto innovativo che presenteremo presto per un piano globale di efficientamento energetico e per forme di autosostentamento energetico di tutti i comuni pugliesi. Chiediamo solo al governo di essere esentati persino dai preliminari di una discussione sul nucleare, perché il nostro no in questo caso non è negoziabile. Nel campo minato dei rifiuti abbiamo lavorato perché potesse sorgere, accanto ad una moderna realtà infrastrutturale, una più matura coscienza civica: perché si capisse che la raccolta differenziata non è una inutile civetteria ma l’inizio di una rivoluzione dolce. Abbiamo chiuso tre discariche, a Nardò ad Altamura e ad Ugento, che erano eco-mostri della ‘monnezza, abbiamo in tre anni, e partendo da zero, costruito praticamente il 98% degli impianti. Così come stiamo completando la presa in carico e la messa in funzione dell’intera rete di depurazione, oggi internalizzata in Acquedotto Pugliese, e abbiamo finanziato la rete di affinamento: depurazione e affinamento ci permetteranno il riuso in agricoltura di una risorsa che per noi è tanto preziosa quanto scarsa. Con la partenza dei cantieri del famoso appalto per la ricerca perdite e con la sostituzione in corso di centinaia di migliaia di contatori obsoleti, abbiamo per la prima volta abbattuto la percentuale di perdite sia fisiche sia amministrative di una azienda acquedottistica che deve operare con criteri di modernità manageriale sapendo però che distribuisce non una merce ma un diritto universale: per questa ragione io non rinuncerò mai a battermi per la proprietà pubblica dell’acqua.
Economia ed ecologia devono imparare a congiungersi anche nel panorama urbano, e da questo punto di vista pensiamo di essere protagonisti di una esperienza che suscita grande attenzione in tutta Italia: i nostri Pirp prospettano la riqualificazione delle periferie urbane con interventi pubblici che stimolano e moltiplicano interventi e investimenti privati; il nostro Piano-casa, mentre restiamo in fiduciosa attesa di quelle norme di snellimento e di semplificazione che il governo doveva presentare in pochi giorni ma che dopo così tanti mesi ancora non ci sono, non darà la stura a nessun assalto selvaggio del cemento; la nostra proposta di rigenerazione urbana è una proposta strategica di qualità che esce dai limiti della legislazione vincolistica, stimola il privato a cercare il suo profitto nello spazio pubblico di una nuova qualità urbana. E nel rapporto tra pubblico e privato si colloca lo spazio di molteplici opacità e ambiguità, che rischiano di divenire un sottobosco inestirpabile nell’epoca in cui ai grandi interessi collettivi e alle grandi passioni ideali è subentrata l’Italia del frammento, delle corporazioni, delle lobbies, dei localismi, o per usare la splendida metafora di De Rita: il Paese della mucillagine. Bisogna ricostruire l’Italia dei diritti e dei doveri, altrimenti la contesa politica lascerà per strada solo macerie. Bisogna rifondare il senso delle virtù civiche. E se invece di usare la “questione morale” come una clava o come un urlo populista la vivessimo, da una parte e dall’altra degli schieramenti, come critica del potere e dei suoi sotto-sistemi, come disvelamento della mistificazione della missione formale che viene affidata ad un ente, ad un acronimo, ad un sistema di gerarchie e di affari, come apertura di spazi di controllo sociale, forse faremmo del bene a noi stessi e al Paese. Anche nel sistema sanitario, al netto di tutte le indagini in corso, dobbiamo saper vedere le ombre ma anche le luci, i passi in avanti, in alcuni casi i primati e le eccellenze che possiamo vantare: nuove strutture e infrastrutture, pezzi di offerta sanitaria per le malattie del cuore e del cervello, un salto in avanti che per la prima volta nell’ultimo biennio ci ha fatto registrare l’interruzione della crescita, che era stata esponenziale, della mobilità passiva: cioè i ricoveri fuori regione. Per la prima volta si è visto diminuire quel numero percentuale che corrisponde alla fatica e spesso all’umiliazione dei cosiddetti viaggi della speranza. Potrei segnalare, per dire, un nuovo pronto soccorso o una nuova chirurgia toracica, piuttosto che la rete delle strok unit. Oppure l’inizio del processo di internalizzazione dei lavoratori precari: e se la precarietà mina la convivenza sociale, come sottolinea il pontefice nella sua “Veritas in caritate”, la precarietà nei lavori di cura delle persone e del territorio è un rischio grave per la qualità del servizio.
Ma il punto strategico è legato all’investimento massiccio in servizi socio-assistenziali del territorio, quelli che possono drenare una porzione rilevante di domanda di salute che inappropriatamente finisce in ospedale. Quando l’ospedale diventa un parcheggio per chi è vecchio o è solo allora si sprecano soldi e si sprecano vite. Così come si sprecano in queste nostre carceri tornate in condizioni di disumano sovraffollamento: i penitenziari pugliesi, al pari di tutti gli altri, scoppiano, non reggono l’urto di 4240 reclusi a fronte di una capienza di 2338 posti, ed è un dolore che possiamo fingere di non sentire ma che segnala l’ipocrisia di tanti nostri proclami umanitari e di tanti giuramenti garantisti.
Signori e signore, la Puglia nel triennio 2005-2008 ha conosciuto una capacità espansiva della propria realtà economica che è stata segnalata da tutti gli studi specialistici. E’ tornata ad essere la locomotiva del Sud, e anche la frenata drastica che la crisi ha determinato negli ultimi dodici mesi ha da noi un segno molto meno marcato che in qualunque altra regione d’Italia. Rendendo più veloci e trasparenti i procedimenti amministrativi, investendo in trasferimento tecnologico e innovazione, organizzando figure inedite di distretti produttivi per filiere e di distretti dell’innovazione (dalla meccatronica alle nanotecnologie, dall’agroalimentare all’aerospazio, fino naturalmente all’energia), abbiamo provato a ragionare in una logica di sistema. La manovra anti-crisi della nostra Regione ha avuto caratteristiche di corposità e di tempestività che sono ben visibili nella comparazione con le altre regioni: poco meno di 700 milioni di euro di fondi pubblici sono stati iniettati nel sistema produttivo con 11 bandi del solo Assessorato allo Sviluppo, sono state già finanziati 22 proposte nell’ambito dei Contratti di programma e dei Programmi Integrati di Agevolazione. La gran parte dei progetti sono finalizzati all’innovazione e alla competitività: si amplieranno stabilimenti con nuove unità produttive, si acquisteranno macchinari all’avanguardia, si investirà su programmi di ricerca, sarà implementata l’area dell’internazionalizzazione e del marketing internazionale. Nelle 144 domande pervenute per i bandi dell’internazionalizzazione, si può ben intravedere il protagonismo economico dei nostri consorzi manifatturieri, di quelli turistico alberghieri e di quelli agro-alimentari, le cui attività sono minacciate dalla concorrenza sleale, dalla carenza di regole e controlli nella rete di un mercato globale in cui dobbiamo esigere più ordine e legalità: per difendere i produttori e i consumatori, a partire dal tema strategico della tracciabilità dei prodotti. Per parte nostra registriamo il successo del bando sul contrasto all’usura. Segnalo anche l’interesse del bando di promozione di micro-imprese di nuova costituzione per soggetti svantaggiati, che ha ricevuto 451 domande. In totale le proposte pervenute per i nostri bandi attivati sono 1.252. Un dato assai significativo, in un contesto in cui il finanziamento di progetti innovativi spinge grandi gruppi industriali, come Fiat e Getrag, nel pieno delle loro ristrutturazioni aziendali a seguito della crisi, a confermare la propria presenza pugliese e a incrementare investimenti e occupazione.
Non le dico, signor Ministro, quale sia l’ansia, in questo contesto, con cui attendiamo che il Cipe liberi le ingenti risorse FAS destinate ai progetti inseriti nel PAR pugliese: ma non dubitiamo che assai presto potremo inaugurare cantieri di qualità. Dobbiamo insistere su questa strada. Appunto, la strada della qualità. Ma anche della solidarietà. Ho accompagnato in Abruzzo un carico di 40 tonnellate di uva da tavola che è stata distribuita in tutte le tendopoli: un atto di patriottismo, visto che la nostra si chiama uva Italia. Anche questo è Sud. Al Sud comandavano i boss mafiosi. Ma del Sud erano Falcone e Borsellino. Il Sud è tante cose, e vorremmo con il nostro inchiostro contribuire a scrivere il patto di una nuova Italia, non fuggendo dalle nostre responsabilità, ma non accettando caricature.
Negba, in ebraico, vuol dire “verso sud”: e questo era il titolo del festival della cultura ebraica che in questi giorni si è svolto in tante parti di Puglia. Perché gli ebrei furono cacciati 5 secoli fa, e noi ci sentiamo orfani di quella nostra radice, e siamo sempre curiosi di imparare cosa c’è dietro il muro del pregiudizio. Verso Sud scorgiamo il mare, il viaggio disperato dei fuggitivi e dei migranti ci scuote e ci interroga, verso Sud scorgiamo le guerre spesso fomentate dai Nord, verso Sud vediamo Gerusalemme e la Palestina e le nostre speranze di pace troppe volte sepolte nel sangue. E lì è il nostro sguardo, la nostra storia, la nostra casa, la nostra educazione, il nostro amore per la politica e per la vita. Verso Sud.