Alla ricerca dell'impunità assoluta
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- Categoria: Attualità Regionale e Nazionale
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Trasformatisi questi in una babele vernacolare di notizie per lo più false e tendenziose, quando non anche demenziali, costruiscono i servizi del tg non tramite inchieste e ricostruzione meticolosa dei fatti, bensì tramite le dichiarazioni dei politici, trattate come fossero ordalie, dogmi di fede. Si manca di sottolineare, invreece, come l’interesse personale ed economico della nostra classe dirigente stia motivando, ed attuando, una indiscriminata politica distruttiva, attraverso riforme, giudiziarie soprattutto, che si apprestano a determinare un trauma massivo per il nostro Paese provocato dalle decisioni solipsistiche del suo pletorico Presidente. Ultimo atto questo ddl, che, restringendo le possibilità di disporre intercettazioni, limiterebbe di conseguenza, la possibilità di perseguire reati di varia natura, anche mafiosa. Se questo fosse un programma televisivo di darwiniana eco, ci verrebbe da ridere. Ma, purtroppo, questa è la realtà. Una realtà come sottolineato anche da Antonio Ingroia, allievo di G.Falcone e P.Borsellino destinata alla regressione, costretta a ritornare a quella vituperabile stagione di insufficienza di prove che ha portato all’emanazione di innumerevoli sentenze assolutorie.
Prima di queste straordinarie “captazioni occulte e contestuali” (così Cass. 12189/2005), infatti, l’indagine aveva inizio da spunti molto esili, per lo più da fonti anonime, cui non sempre risultava possibile allegare un quadro probatorio tale da reggere in sede dibattimentale. Sono, invece, le intercettazioni ad aver squarciato il velo di realtà probabilmente sempre sospettate, sì, ma mai portate alla luce. Basti citare Calciopoli, il caso Telecom, il caso Sismi, le patologie della sanità ovunque diffuse, le sconcertanti convivenze, e connivenze, tra mafia e Stato, i rapporti tra politica e criminalità, tra criminalità e massoneria, quella cupola che tiene le redini della nostra società. Ed è proprio questo che fa paura ai nostri. Già in passato non era possibile intercettare un parlamentare senza la previa autorizzazione della Camera d’appartenenza, ma poiché, casualmente e puntualmente (ahimè) i loro nomi saltavano fuori dalle captazioni di terzi, si è pensato bene di estirpare il problema ab origine. E così, venendo ai punti-chiave del testo normativo, ai “gravi indizi di reato” (ossia la sufficienza dell’alta probabilità che un fatto illecito si stesse commettendo), prima presupposto per l’ammissibilità del provvedimento in esame, si vuole sostituire i “gravi indizi di colpevolezza” (la necessità cioè dell’alta probabilità che proprio quel determinato soggetto sia l’autore del reato medesimo).
E ancora, sanzioni detentive e pecuniarie sono previste rispettivamente a carico dei giornalisti e degli editori che contravvengano al divieto di pubblicazione di intercettazioni per cui sia stata ordinata la distruzione e di quelle riguardanti terzi estranei alle indagini e “irrilevanti” (concetto, questo, di non pacifica definizione). I giornali non potranno più pubblicare, nemmeno in forma riassuntiva, gli atti d’indagine fino all’udienza preliminare, né potranno essere rese note informazioni relative ad indagini su persone non indagate, ma , ad esempio, solo informate sui fatti (vedi caso Scajola). Il giudice avrà l’obbligo di astenersi non solo a motivo di quei casi già enumerati dall’art.36 c.p.p., ma anche se ha “pubblicamente rilasciato dichiarazioni concernenti il procedimento affidatogli”. Chiara la ratio della norma: il giudice non deve avere idee. Si potrà intercettare per un tempo non superiore ai 70 giorni, comprensivi peraltro di proroghe, che nei tempi criminali corrispondono al tempo necessario per l’organismo umano, volendo fare un paragone, per emettere…beh, come elegantemente suggerirebbe Isabel Allende, “una sonora ventosità”. Quando l’azione penale riguardi un ministro di culto, il p.m. ha l’obbligo di inviare l’informazione all’autorità ecclesiastica competente. Insomma, come fatto presente proprio in data odierna da un comunicato della FNSI, questo testo normativo minerebbe sia il nostro diritto di sapere che il loro dovere di informare.
Ma anche l’esigenza di reprimere i reati, perseguire i loro autori e assolvere le funzioni generalpreventive e specialpreventive sottese alla funzione della pena. Il Senato ci ripensi. Altrimenti non resta, come fatto presente da molti, che la disobbedienza civile.
Flavia Marcucci